MARCO “LA VISION” SISSA. SCOPRIRE IL SÉ ARTISTICO E FARLO VOLARE

di Piero Chianura

Fuori dalla classica e dal jazz, il genere musicale che ha dato le più grandi soddisfazioni ai nostri autori sul mercato internazionale è stata la musica dance, che da qualche tempo identifichiamo con la sigla EDM (Electronic Dance Music). Il disprezzo per la “cassa in quattro” che aveva caratterizzato la musica cosiddetta “impegnata” degli anni Settanta, si affievolisce con l’affermarsi del pop elettronico anni Ottanta e poi negli anni Novanta, quando gli strumenti digitali entrano definitivamente nella produzione discografica internazionale. È in quel periodo che le produzioni dance italiane conquistano il mondo, proprio grazie alla capacità di emozionare con voci e melodie tipicamente italiane su batterie elettroniche, bassi e sequenze digitali. Una capacità che oggi ritroviamo anche nel progetto LA Vision di Marco Sissa, autore/produttore che ha collezionato milioni di ascolti online fino a posizionarsi al top della produzione internazionale. Dietro al suo successo c’è una storia interessante da raccontare ai ragazzi che aspirano a dire la loro nel mondo della produzione pop-EDM di domani.

MusicEdu Quando hai cominciato a suonare sei partito subito con la musica elettronica e il tuo primo obiettivo era già raggiungere il successo?
Marco Sissa Il mio approccio alla musica è ancora oggi di tipo emozionale, da musicista e non da discografico. Arrivo da una famiglia molto musicale, visto che sono per metà brasiliano da parte di madre e la musica che ha plasmato i miei primi anni di vita è il bossa nova, Tom Jobin, Caetano Veloso ecc. Mio padre è chitarrista e dunque ho cominciato anche io a suonare a circa sette anni il pianoforte e la chitarra da autodidatta proprio per imitarlo. Crescendo mi sono accorto di avere un orecchio molto sviluppato che mi permetteva di riuscire a scomporre le parti di un brano musicale e così ho imparato a comporre musica da autodidatta. Avevo 17 anni e suonavo il piano in un quartetto jazz anche se mi capitava di ascoltare, come accadeva un po’ a tutti, la musica elettronica e la dance. È stato un mio compagno di scuola a farmi scoprire il primo programma per comporre musica su computer, un Cubase, e la mia prima illuminazione fu che potevo sostituire gli altri musicisti del quartetto jazz, per registrare da solo. Il mio compagno di scuola era un dj appassionato di progressive house e di vinili e così mi fece ascoltare quella musica chiedendomi se fossi stato in grado di arrangiare in quegli stili. E io gli risposi che, anche se non avevo idea di come farlo tecnicamente, a orecchio non trovavo nulla che potesse rappresentare un limite per me dal punto di vista musicale. E così cominciai a sperimentare su quelle musiche scoprendo che il linguaggio della musica elettronica e della musica dance poteva essere un vestito ideale per dare una forma alle mie fantasie musicali. E decisi che avrei voluto vivere facendo musica, perché la musica per me è davvero tutto. È l’unico linguaggio con cui riesco a esprimermi: è pensiero che forma la mia mente e ragiono continuamente in termini musicali.

MusicEdu Questa è una cosa che solo vive dentro la musica può comprendere… Ogni cosa della vita che ci circonda e che emette un rumore, è per noi suono, ritmo e qualche volta anche melodia.
Marco Sissa Esatto. È così che ho dato il via alla mia carriera musicale. Non ero ancora un grande produttore, ma avevo la capacità mentale di comprendere quali cose avrei dovuto fare. Avevo bisogno di insegnare alle mie mani e alla mia testa come generare queste cose pur senza sapere cosa fosse un Do o un Sol e senza saper né scrivere né leggere una partitura. Su una cosa però ero forte: sapevo comporre e arrangiare molto velocemente. Così ho deciso di crearmi una professionalità nel mondo della musica house cercando di contaminare altri produttori e dj con le mie idee musicali e dimostrando di essere un musicista e arrangiatore capace. Considera che, soprattutto negli Novanta e Duemila, il team di produzione era costituito da un dj, un produttore e un “musicista”… ed è da lì che ho cominciato.

MusicEdu È interessante come molti musicisti siano riusciti a trovare uno spazio nella musica elettronica dance dove ritmo e melodia sono gli elementi fondamentali su cui è possibile sperimentare liberamente con gli arrangiamenti. È una libertà che altri generi musicali non lasciano. Sei d’accordo?
Marco Sissa Sì, però la mia è una visione musicale molto precisa. Non sono un produttore che passa le ore in studio a provare le cose, ma ho un approccio completamente classico. Mi siedo al pianoforte e scrivo la canzone su un foglio di carta. Poi abbandono lo strumento e comincio a comporre il brano nella mia testa attraverso una sorta di database in cui c’è tutto il mondo dei miei suoni e con cui cerco di creare la mia idea musicale nel modo più definito possibile. Una volta che questa figura si è completata… e possono passare settimane o anche mesi, vado in studio per usare tutti gli strumenti che mi servono per realizzare quell’idea che si è formata nella mia testa. Chiaramente può anche accadere che qualche volta mi ritrovi a dover passare molte ore in studio per provare delle cose particolari…

MusicEdu Così come può accadere di trovare spontaneamente una soluzione a cui non avevi pensato prima e che cambia completamente le carte in tavola…
Marco Sissa Certo! E, tra parentesi, non ho fatto sempre così. È un approccio a cui sono arrivato dopo anni di lavoro. Ho vissuto approcci lavorativi diversi in momenti di carriera diversi. Ho cominciato in una casa discografica dove semplicemente ero al computer per imparare la professione e il linguaggio per poi passare a un’altra casa discografica dove seguivo le produzioni di altri. Poi in uno studio mio per otto anni dove producevamo noi nuovi artisti. È stato nel 2018 che ho deciso di liberarmi di quello che, a mio modo di vedere, era una produzione musicale troppo ripetitiva; quella ciclicità cominciava a pesare sulla mia fantasia musicale e sulla mia voglia di evadere verso una dimensione nuova che era quella internazionale. Così ho semplicemente abbandonato il mondo della musica italiana per andare a Londra con uno zaino in spalla a cercare qualcuno che credesse nella possibilità di internazionalizzare i miei prodotti.

MusicEdu Che cosa significa per te “internazionalizzare”?
Marco Sissa Significa cercare di rompere quella barriera culturale presente ancora nel nostro Paese, che considera che non è possibile comporre con una prospettiva fuori dall’Italia. Io non ho mai voluto fare musica in Italia solo per il pubblico Italiano, pur riconoscendo le belle cose che ho avuto la possibilità di fare su un “terreno di gioco” in cui ho potuto sperimentare, ma a un certo punto è riemerso il desiderio di competere a livello internazionale. Se sei capace di incanalare il lato emozionale nella tua musica, riesci ad avere un impatto sugli ascoltatori anche fuori dal tuo Paese. In qualche modo sul finire dei Novanta/Duemila ci eravamo riusciti. Ricordo che nel 2011 ero motivato dal pensiero che, nella commistione tra musica dance e musica pop, il songwriter (e non più il produttore) avrebbe avuto il coltello dalla parte del manico, perché ormai era chiaro che molti dj erano riusciti a entrare pesantemente di nuovo nelle classifiche pop per cambiare molti stili di arrangiamento di artisti del mondo r&b, pop e rock con il linguaggio della musica dance. E mi son detto: devo cambiare qualcosa anche in Italia e formarmi per diventare un autore capace di fare la differenza.

MusicEdu Quando hai avuto la consapevolezza di poter competere a livello internazionale?
Marco Sissa In verità più che una consapevolezza è stata una convinzione. Nel mondo della musica vedo sempre più spesso andare avanti non tanto persone che hanno degli incredibili numeri di ascolto, ma persone che hanno avuto la capacità di non fermarsi di fronte agli ostacoli e credere di poter arrivare a un obiettivo che solo loro potevano vedere, anche se magari in quel momento non avevano la più pallida idea di come arrivarci. Io credo di essere riuscito a connettere me stesso con la musica, riuscendo poi a creare una connessione tra quello che io produco musicalmente e la percezione della gente. E dato che è una connessione universale, comune in ogni parte del mondo, allora ho semplicemente tirato su l’asticella per vedere dove la mia visione musicale mi avrebbe portato. È stato un approccio più coraggioso che altro. Ricordo che la mia carriera di autore è cominciata facendo un lavoro commissionatomi da Universal Francia, che mi chiese una produzione che fosse anche una composizione. Fu allora che, così come mi ero improvvisato prima produttore, decisi di mettermi in gioco anche come compositore, scrivendo la mia prima canzone… facendo quello che gli Inglesi definiscono “the leap of faith” [un atto di fede, crederci irrazionalmente, NdR). 

MusicEdu Dimmi che dopo che ti sei buttato in modo irrazionale, poi hai cercato di capire come rifarlo studiandoci su…
Marco Sissa No. Per quanto io trovi appassionante il discorso della formazione pratica, ho capito che su di me questa cosa non funziona.

MusicEdu Gli elementi con cui riesci a emozionare un pubblico così ampio sono gli stessi che hanno fatto il successo della EDM italiana anche in passato?
Marco Sissa Assolutamente sì. Non potrei prescindere da questo background culturale dato dall’apporto italiano negli anni passati. Hai detto bene. Noi abbiamo la capacità di comporre musica e pensare a trick produttivi che hanno reso riconoscibile il suono italiano. Tutto questo pulsa forte dentro di me insieme a diverse nature, perché mi muovo tra progetti di musica classica e cose molto diverse. In questo preciso momento la connotazione “italo” è un elemento chiave per me perché oggi il mondo si è riscoperto ancora interessato a questo nostro modo di produrre EDM. Proprio nel 2017 mi ero domandato che fine avesse fatto la musica “italo”. È stato allora che ho provato a riproporre questo mondo produttivo cominciando a contaminare molti degli artisti con cui lavoravo per portarli in quella direzione. I primi esperimenti hanno visto il pubblico di molti Paesi del centro ed est Europa reagire molto bene, anche se la mia idea era limitata dalle volontà degli artisti o dei dj con cui lavoravo. Perciò nel 2019 è nata la mia idea di creare il mio progetto LA Vision, nato per superare questo limite. La prima canzone che ho scritto è stata la fortunata “Hollywood” con Gigi D’Agostino [13 dischi di platino e 300 milioni di stream sulle piattaforme, NdR], un successo che, al di là dei  dischi d’oro o di platino a cui non guardo più con particolare interesse, ha riguardato l’impatto che quella semplice canzone piena di reminiscenze del passato ha generato nella gente in giro per il mondo in un sentimento comune di nostalgia per quando erano più giovani e felici.

MusicEdu Ho visto che partecipi spesso a campus di song-writing all’estero. Ci racconti di cosa si tratta?
Marco Sissa Sono appena tornato da un writing camp a Oslo molto specifico a cui hanno partecipato autori e produttori di Los Angeles e della scena di Oslo di altissimo livello. Ci siamo trovati a lavorare su briefing diversi destinati ad artisti al top che sono sempre alla ricerca di nuovi brani da pubblicare, da R3Hab a David Guetta, da Tiësto a Dj Snake. Per una settimana abbiamo lavorato dalla mattina alla sera alla composizione di brani destinati a questi artisti. Stessa cosa, ma più in grande, al campus organizzato a Dubai dalla famosissima società Power House, che ogni anno organizza uno dei più prestigiosi camp a cui sono invitati dalle venti alle trenta persone, tra autori, cantanti e produttori di rilievo del momento, tra cui molti Grammy award e per vari generi musicali con una strizzatina d’occhio alla musica dance e a quella latino-americana. C’erano 5/6 studi di registrazione che lavoravano simultaneamente tutto il giorno con dei team di lavoro che prevedevono un artista, un autore, un produttore e un cantante. Dopo un briefing iniziale a colazione ci si chiudeva in studio a lavorare fino alle 10 di sera. Alle 11 si faceva una seduta di ascolto comune e dopo una settimana si tornava a casa stanchi ma felici! L’iniziativa del campus è di natura privata e si occupa del posizionamento di artisti importanti sul mercato discografico perciò è promossa da etichette discografiche ed editori. Il mestiere dell’autore oggi è saltare da un camp all’altro cercando di scrivere al meglio per collocare le proprie canzoni. Il mio ruolo di solito è un po’ più trasversale.

MusicEdu Quali sono state le produzioni a cui hai lavorato che ritieni essere state le più vicine al tuo modo di pensare?
Marco Sissa Uno dei lavori che mi sono piaciuti di più fare e che aveva una visione molto precisa è stato il posizionamento a livello nazionale di Benji & Fede con la canzone “Tutto per una ragione”, sviluppato con Federico Mercuri e Giordano Cremona, in arte Merk & Kremont, con i quali ho collaborato spesso. In quel caso ricordo che la mia idea è stata quella di colpire l’immaginario sia degli addetti ai lavori sia dei fan di Benji & Fede con un’operazione che ricordasse un po’ quella fatta da Diplo e Skrillez per rendere l’immagine di Justin Bieber un po’ meno nazional-popolare, per togliergli di dosso quell’idea di teenager boy che piace alle ragazzine ma che non viene preso sul serio come musicista. La canzone è nata abbastanza velocemente e si è tramutata nel loro primo grande successo in radio. È stato un riposizionamento felice anche per Annalisa che con quel featuring ha visto ripartire la sua carriera. Mi è piaciuto molto anche lavorare al progetto Penny on Mars di Disney, una serie internazionale gestita direttamente dalla Disney Records americana. Abbiamo registrato tutto il cast inglese della serie componendo anche una canzone e scoprire ancora una volta che il potere dell’immaginazione musicale era riuscito a prendere una forma su una piattaforma globale.

MusicEdu Dal punto di vista tecnico, ci sono delle attrezzature che consideri fondamentali per le tue produzioni?
Marco Sissa Ho un mio microfono preferito, l’AKG 414, ma anche un Neumann U87. Come software uso Live e Logic in contemporanea e un’interfaccia audio UAD Apollo Twin. Strumenti principali sono un pianoforte Yamaha digitale Clavinova e una chitarra acustica Yamaha Transacoustic, che uso per comporre e che cerco sempre di avere a disposizione. Le cuffie audio sono Ollo Audio S4x…

MusicEdu Usi dei plugin di virtual instruments particolari?
Marco Sissa Per creare le fondamenta per le produzioni dance mi appoggio molto a Nexus, perché ha delle espansioni molto interessanti, e altri plugin come Avenger e Serum, che sono sicuramente sempre utili nei generi di oggi. Mi piace molto anche la libreria Kontakt.

MusicEdu Direi che ti ho chiesto tutto…
Marco Sissa Non mi fai anche tu la classica domanda “cosa ne pensi della musica trap”?

MusicEdu No dai. Non te la faccio. Non ha senso… Semmai lo chiederei a un musicista che fa trap… 
Marco Sissa Allora facciamo un’intervista “reverse”! Te lo chiedo io che cosa ne pensi della musica trap.

MusicEdu Ah ah ah! Sul serio? Allora provo a risponderti che… il moto che spinge tanti ragazzi ad ascoltare e a produrre musica trap, come è sempre accaduto con gli altri generi musicali del passato, è la necessità di sentirsi parte di un gruppo. È la naturale necessità di omologazione sociale che spesso prescinde dalla consapevolezza circa gli strumenti verbali e musicali usati nella trap, che è però figlia della società in cui vivono. Ora però sei costretto a rispondere anche tu!
Marco Sissa La musica è sempre figlia del suo tempo e chi fa finta di non saperlo non considera la storia. Puoi provare a “scavallarla” ma quel tessuto sociale avrà sempre qualcosa da raccontare, che sia un genere musicale o un altro… Penso solo che si sia persa per strada la grande scrittura che ha sempre contraddistinto la nostra cultura musicale. E questo dipende da vari elementi: da una connotazione sociale, da un cambio di passo di una società che preferisce consumare velocemente puntando su cose più facili. È diventato un grande palco per tutto tranne che per la grande musica.

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