10 CANZONI “LEGGERE”. LE BOY BAND

di Max Pontrelli

In cerca di una colazione al bar in una mattinata pre-festiva, davanti all’immancabile Tv LCD per ipovedenti apposto sopra il bancone del locale, non ho potuto fare a meno di osservare un video su un canale tv dedicato alla rotazione di video musicali. Abbagliato dal bianco candido retro illuminato sono apparsi i Back Street Boys, come in un film somigliante a Ritorno al futuro. Essendo un osservatore curioso, ho notato che anche nell’evoluzione della proposta pop musicale dedicata ai ragazzi c’è una tendenza a proporre entità singole ben delineate che collaborano con altre, creando una sorta di scacchiera dove i personaggi del momento si muovono indipendenti, ma nella formula del “featuring”. 

Negli anni ’90 le boy band la facevano da padrone in un mercato non ancora gestito dai social, fatto di concerti ed eventi in presenza. Venivano seguiti dai fan, oltre che durante le esibizioni dal vivo, sulle stazioni radio, sulla stampa dedicata e poi come fenomeno più diffuso anche sui quotidiani e nelle trasmissioni televisive, non solo quelle dell’unico canale disponibile ai tempi (MTV). 
Ricordo le Spice Girls citate al TG nazionale delle ore 20, a coronamento di un successo che poteva già definirsi globale. L’evoluzione dei media ha progressivamente portato il music biz in ambito pop di consumo a viaggiare prima sui canali TV digitali (Disney channel su tutti), poi sulla passerella (gratuita) delle piattaforme digitali dei social dove la formula della band è andata via via disgregandosi (tranne forse in questo momento, nel nostro mercato, per la band dei Maneskin) affermando invece singoli personaggi gestiti da mono-cellule in vorticosa attività promozionale, più che performativa. Dai Jackson Five negli anni ’70, passando attraverso band come Take That, Back Street Boys, Sync, Blue, One Direction, solo per citarne alcune, le boy band segnavano un’epoca ben precisa dove probabilmente si respirava ancora un’aria leggera e il concetto di gruppo sembrava ancora dovere essere una delle poche formule sicure di proposta alle giovani generazioni. Pare che dopo gli anni della pandemia, sotto il suo cupo cappello, questa proposta abbia subìto un processo di separazione, affermando quasi esclusivamente artisti singoli come sorta di sopravvissuti, non solo al contesto sociale di crescita ma anche a quello globale di riferimento quotidiano. 
La frase ricorrente in molti testi di brani italiani pop (spesso di derivazione trap) esprime il concetto del “ce l’abbiamo fatta” in termini di successo economico raggiunto e sottolinea in molti casi il motivo portante della collaborazione artistica in atto con colleghi con cui spartire gli ascolti. I giovani ascoltatori riconoscono la validità del progetto proprio sulla base del richiamo dei personaggi diventati collaborativi in una formula apparentemente nata dall’incipit del “vox populi”. In realtà, mi viene da aggiungere, il meccanismo è molto ben studiato a tavolino, tanto quanto è stato fatto ai tempi delle boy band dove passava un messaggio sociale di altro tipo. Oggi gli elementi singoli di quei gruppi sono spesso dimenticati o ricordati da pochi “ex-giovani” a conferma che l’ambito pop musicale negli ultimi anni (ma quanti? Troppi…) sembra un po’ carente di contenuti. “Chi vivrà, vedrà” cantava Rino Gaetano un “millennio” fa, ma intanto accogliamo l’evoluzione e come adulti di riferimento manteniamo attivo un senso critico costruttivo.

10 CANZONI “LEGGERE”. LE BOY BAND

Jackson Five “Blame in to the boogie”  

New Kids On The Block “Tonight” 

Take That “Back for good” 

Boyzone “Love me for a reason” 

Big Time Rush “Worldwide” 

Jonas Brothers “Sucker” 

One Direction “What makes you beautiful” 

BTS “Dynamite” 

*NSYNC “Bye bye bye” 

SHINee “Ring ding dong” 

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