GIOVANNI ANDREA ZANON. LA MUSICA CLASSICA ACCESSIBILE E COINVOLGENTE
di Piero Chianura
“Il pubblico più giovane ha una concezione del concerto dal vivo completamente diversa da quella tradizionale della musica classica“. Quando la giovane stella internazionale Giovanni Andrea Zanon ha aperto con questa affermazione il suo breve intervento nel corso della conferenza stampa di Viva Vivaldi, concerto immersivo dedicato a Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi in cui il violino di Zanon è protagonista, non ci siamo fatti scappare l’occasione di farci raccontare il suo punto di vista su come sia possibile oggi avvicinare i ragazzi ai concerti di musica classica.
MusicEdu Immagino che tu abbia avuto fin da piccolo una formazione di tipo accademico e che tu abbia vissuto esperienze diverse che mi piacerebbe raccontassi in maniera critica, cioè evidenziando quegli elementi positivi e negativi che hanno formato il tuo modo di intendere la musica classica.
Giovanni Andrea Zanon È una domanda molto interessante che non mi è mai stata posta in questi termini. Intanto diciamo che mi è difficile parlare dei miei primi anni di studio perché, avendo iniziato quando avevo due anni, ho pochissimi ricordi sul percorso di apprendimento dello strumento in sé, mentre ricordo di più le esperienze che lo strumento mi ha portato a fare. Per esempio, del primo concorso che ho vinto non ricordo nulla della performance, né di aver studiato, di aver provato e di essere salito sul palco per suonare, mentre ho chiare le immagini di un signore molto alto che sale sul palcoscenico per porgermi un’oca di peluche bianco come premio. Poi ho avuto un percorso molto accademico, con mio padre che iniziò a farmi studiare su un libro di Galamian, quindi con quell’approccio molto razionale tipico della scuola americana.
Entrato in conservatorio, ho studiato con grandissimi insegnanti, ma tutti molto accademici. Quando avevo 13-14 anni avevo un insegnante russo molto famoso, un tiranno che usava l’umiliazione e la paura per far studiare gli allievi, cosa che ha funzionato anche con me, ma con non poche ripercussioni da un punto di vista psicologico, visto che partecipare a concorsi e fare concerti con pressioni di questo tipo non è stato certo facile. L’insegnamento migliore l’ho avuto quando a 15 anni mi sono trasferito negli Stati Uniti per studiare a New York con Pinchas Zukermann perché nei due/tre anni successivi ho potuto imparare la grammatica di base sulla quale poter fondare un mio modo di suonare il violino. È stato un momento molto importante perché per la prima volta mi sono staccato dalle pressioni di tutto il contesto che avevo intorno, a partire dalla famiglia, gli agenti, gli insegnanti e la stessa scuola. Avevo 15 anni ed ero da solo in una città ben diversa dalla Castelfranco Veneto dalla quale provenivo. Lì avevo la possibilità di scegliere se studiare o no, e infatti i primi mesi sono stati un disastro perché non studiavo più, proprio a causa di quella rottura totale rispetto alla spinta che avevo prima. Però dal punto di vista dell’insegnamento, sentivo che era il metodo giusto per me che sono molto istintivo, anche con lo strumento, non pianifico molto le mie esecuzioni e vivo ogni interpretazione a sé… il che non significa che faccio quello che voglio perché ovviamente ho un rispetto enorme per la composizione, però mi piace improvvisare moltissimo sul palcoscenico. Ricordo che quando entrai nella stanza dove facevamo lezione c’era un manifesto enorme appeso su tutta la parete che recitava “listen to your sound not your feelings“, una frase che indicava un metodo di insegnamento che per me era il più congeniale: prima di tutto occorre ascoltare il suono attraverso una tecnica corretta per ottenere ciò che vuoi e ciò che hai in mente. Solo in un secondo momento ci puoi mettere i sentimenti per lasciar libera l’interpretazione. Dopo New York sono andato alla scuola di perfezionamento Hanns Eisler di Berlino, dove ho studiato con una grandissima insegnante che però puntava tutto sul lasciarmi più libertà possibile e invece mi sentivo paradossalmente più costretto, cioè sentivo che ero meno libero di suonare rispetto a quando dopo aver studiato con impegno le basi della tecnica e della grammatica riuscivo a salire sul palcoscenico più libero di suonare.
MusicEdu È interessante notare come il contesto culturale degli insegnanti detti un diverso approccio formativo. Sei partito dall’approccio accademico, formale, della scuola italiana per passare a quello americano molto più tecnico ma connesso all’individualità del musicista, alla ricerca del “proprio” suono, per arrivare a Berlino, dove l’approccio libero, tipico di certa musica classica contemporanea, finisce per diventare una gabbia dentro cui ci si sente costretti.
Giovanni Andrea Zanon Esatto. Però è stato per me fondamentale conoscere tutti questi punti di vista, perché è così che poi ho avuto la possibilità di scegliere il mio modo di intendere la musica.
MusicEdu È indubbio che il contesto attuale vada sempre più verso una spettacolarizzazione della musica dal vivo, anche in ambito classico. Come sei arrivato a decidere di suonare a eventi come la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 e lo spettacolo immersivo Viva Vivaldi all’Arena di Verona?
Giovanni Andrea Zanon Ho la fortuna di avere attorno a me dei giganti della musica come lo stesso Pinchas Zukermann, che è uno dei più grandi musicisti dello scorso secolo. Però, allo stesso tempo ho imparato negli anni a non prendere per oro colato tutto ciò che mi veniva detto perché, un pur straordinario musicista di 76 anni come lui, è comunque cresciuto in un mondo completamente diverso da quello di oggi e i consigli che lui mi dà rispetto alla mia carriera musicale fanno riferimento a un mondo che secondo me oggi non esiste più. Oggi è difficile che nasca il musicista puro che pensa solo alla musica. Secondo me invece, il musicista di oggi deve avere anche uno scopo a livello sociale e il mio, nel mio piccolo, è quello di portare i giovani a teatro, cioè di diffondere la musica classica tra le nuove generazioni. È sbagliato il cliché secondo cui la musica classica sia distante e di difficile accesso per i giovani, mentre secondo me viene semplicemente gli proposta nel modo sbagliato. Per esempio, io sono direttore artistico della fondazione che cura il festival Arezzo Youth Music Festival, a cui tengo tantissimo e dove ho la possibilità di invitare i migliori musicisti under 35 del mondo per concerti di musica da camera di altissimo livello, che non è propriamente la musica con la quale di solito i giovani vanno più d’accordo. Ma prima di ogni concerto andiamo con i musicisti e i loro strumenti nelle scuole dove, per esempio, non facciamo la classica lezione sulla storia di Bach o Brahms, ma cerchiamo di creare un dialogo costruttivo con i ragazzi per cercare di capire perché ascoltano un certo tipo di musica e non la nostra, offrendogli al tempo stesso degli strumenti molto semplici per approcciare alla musica classica. A loro non interessa più di tanto che io abbia suonato alla Carnegie Hall, ma piuttosto che io sia vestito Armani e che sia stato sulla copertina di Vogue. È così che attiro subito la loro attenzione. Poi gli racconto aneddoti della mia vita che poco hanno a che fare con la musica, ma nei quali si riconoscono e si immedesimano, sono scelte di vita, gestione di situazioni complesse da un punto di vista umano, che creano un dialogo alla pari in cui io non sono l’insegnante che va a dirgli che la musica è importante, che la musica è cultura ecc., ma cerco di attirare la loro attenzione facendogli capire perché ho deciso di dedicare la mia vita alla musica classica. La cosa meravigliosa è che, dopo questi incontri, anche se i giovani non sono costretti a venire ad ascoltarci, il teatro è sempre pieno di ragazzi con i loro genitori, che ci mandano anche messaggi meravigliosi su quanto gli abbiamo aperto un mondo nuovo e su quali emozioni gli abbiamo fatto vivere… e sono giovani che autori come Brahms, Bach, Stravinskij o Beethoven non li avevano mai ascoltati prima. Alcuni di questi ragazzi sono anche diventati miei fan affezionati che da una decina d’anni vengono a tutti i miei concerti e sono sempre lì in prima fila. Tutte le mie scelte apparentemente distanti dal mondo della musica classica, come quella di vestirmi alla moda, andare in TV spesso, partecipare alle olimpiadi o in altri contesti non prettamente classici, servono per avvicinare i giovani il più possibile. La partecipazione alla cerimonia delle olimpiadi di Pechino, per esempio, mi ha fatto vedere da 2 miliardi di persone e da allora ho avuto milioni di persone che mi seguono sui miei social cinesi, ho fatto un tour in Cina con i teatri strapieni, con migliaia di persone in teatro ad ascoltarmi suonare Brahms, Beethoven e Tchaikovsky, autori che non avevano neanche mai sentito nominare. Il progetto Viva Vivaldi è il completamento di tutto questo perché è nato proprio a Pechino mentre ero a cena con Marco [Marco Balich, della Balich Wonder Studio che ha prodotto lo spettacolo, NdR] quando ci siamo posti la domanda “come possiamo creare qualcosa che sia capace di portare in un teatro o in un’arena migliaia di persone, in particolare giovani, che magari non hanno mai ascoltato Vivaldi ed essere sicuri che alla fine dello spettacolo rimarranno con una sensazione incredibile?”. Ne è venuto fuori un progetto molto complesso e molto rischioso perché è qualcosa che non è mai stata fatta prima, ma io sono al settimo cielo perché è venuto fuori qualcosa di veramente dirompente e innovativo.
MusicEdu Come sei riuscito a mantenere l’equilibrio tra spettacolarizzazione multimediale dell’evento e rispetto del concerto in chiave strettamente musicale in Viva Vivaldi?
Giovanni Andrea Zanon Anzitutto, per carattere mio personale, quando sono sul palcoscenico, non sono disturbato da ciò che mi sta intorno, a meno che non ci siano delle cose plateali, ovviamente. In questo caso alla base di tutto il progetto c’è un assoluto rispetto della partitura, della strumentazione orchestrale e del modo di proporre la musica. Poi devo dire che Marco Balich ha messo su un team di altissimo livello che ha creato uno spettacolo di una valenza artistica assoluta e senza compromessi. Secondo me, tutte le immagini che sono state create aiutano ad amplificare la potenza della musica senza disturbarla anche perché non c’è mai nulla di netto. Una delle mie preoccupazioni era quella che si creasse un po’ l’effetto soundtrack da film. In realtà è tutto talmente connesso e fluido, ma senza immagini didascaliche tipo pubblicità del Mulino Bianco che distolgano completamente l’attenzione dalla musica. Penso che sia un esempio perfetto di “musica programma”, nel senso che lo spettacolo segue quei consigli riportati in partitura, che non si sa se siano stati scritti da Vivaldi o aggiunti successivamente, che richiamano determinati elementi naturali. Un’altra cosa interessante è il messaggio sociale molto attuale che anche dal punto di vista visivo lo spettacolo porta con sé in chiave di sostenibilità ambientale.
MusicEdu Una volta chi ascoltava musica classica era anche molto competente e il pubblico delle grandi sale da concerto era in grado di giudicare la qualità di un inteprete perché aveva alle spalle molte esperienze di ascolto dal vivo. Nel momento in cui ti rivolgi a un pubblico giovane di nuovi ascoltatori alle prime armi, dove trovi un feedback competente al tuo lavoro di concertista? Ci vuole molta capacità autocritica…
Giovanni Andrea Zanon Assolutamente sì. Un musicista non riesce a mantenere un livello alto per 30/40 anni, se la spinta è solo suonare bene per il pubblico. Deve esserci un’energia e una forza interiore volt a migliorare se stessi. Io vedo il mio insegnante, Zukermann che a 76 anni, dopo che nella sua vita ha suonato tutto, dappertutto e con tutti, si alza al mattino e mi chiama su Facetime emozionato come un bambino per dirmi che ha trovato una nuova diteggiatura su una frase che stava provando. È una cosa meravigliosa che fa capire anche perché alla sua età lui riesca ancora ad avere una tecnica invidiabile. Secondo me la spinta deve essere la voglia di migliorarsi, il rispetto verso la partitura e verso il compositore, non il fatto di riuscire a suonare davanti a migliaia di persone, perché così puoi andare avanti forse qualche anno, ma non riesci a creare una carriera così lunga.
MusicEdu Oltre a te stesso, quali sono le altre figure che ti aiutano a tenere alta l’attenzione sul livello qualitativo della tua attività di musicista?
Giovanni Andrea Zanon Naturalmente ho la fortuna di avere accanto figure come Zukermann, Zubin Mehta, cioè persone di grandissimo spessore nella musica che posso chiamare per avere un loro parere quando ho un dubbio. Sono persone che hanno vissuto così tanto del mondo della musica, con i più grandi artisti, nelle sale più prestigiose e con le più grandi orchestre, che possono fornire degli spunti che per un giovane come me sono impagabili.