PROPEDEUTICA MUSICALE. UN CONCETTO DA RIPENSARE

di Lorella Perugia *

Il Forum Nazionale per l’Educazione Musicale mantiene un fiorente dibattito interno su svariati aspetti dell’educazione musicale, attraverso i suoi gruppi di lavoro. Questi scambi, organizzati in documenti interni, vengono poi condivisi in documenti pubblici o attraverso convegni e assemblee. Lo scopo è sensibilizzare addetti ai lavori, politica e territorio sui temi dell’educazione musicale in Italia, per apportare un progressivo cambiamento di ciò che fino a oggi, per la maggior parte delle persone, rappresenta l’educazione musicale. 

Uno dei temi affrontati è, per esempio, l’abuso e l’ambigua interpretazione che da molto tempo si fa del concetto di propedeutica nell’ambito della didattica musicale. Il dibattito aperto nel Forum e in corso negli ultimi mesi è sfociato in un lettera aperta sul termine “propedeutica musicale” e sulla sua accezione. Sebbene sia abbastanza diffusa l’idea che apprendere la musica serva, quando si indaga su cosa si intenda per “musica”, si scopre che la maggioranza delle persone pensa a “saper suonare uno strumento”. Chi lavora nel mondo della didattica sa che questa interpretazione del concetto di musica è estremamente limitante perché la musica appartiene a tutti e in infinite forme, mentre lo strumento è (come dice la parola stessa) solo un mezzo per esternare un pensiero musicale che è già innato nel bambino, ma che potrebbe esprimersi anche con altri linguaggi o modalità. Un pensiero musicale innato che non cresce, dunque, studiando sui libri la teoria musicale o facendo solfeggio, ma cresce cantando, ballando, declamando filastrocche, muovendosi con la musica, ascoltando, e in ultimo, suonando non solo strumenti ma il proprio corpo, oggetti di uso comune e quanto più possibile, e non da soli ma in gruppo.  
Questi pensieri sono già metabolizzati dai migliori didatti della musica e dalle linee metodologiche più all’avanguardia, ma faticano a entrare nel pensiero comune, complice anche molta didattica fatta senza riflettere, capace solo di fornire qualche ricettina peraltro discutibile, e presente in molti ambienti istituzionali e non. 

Capita quindi spesso che l’intervento educativo musicale, specie nelle prime fasce di età, sia letto più prosaicamente come mera preparazione alla successiva fase dello studio di uno strumento e non come attività importante per la crescita (anche musicale) dell’alunna/o. Come se il nostro contributo fosse ridotto a un “fateli giocare, che poi si passerà alle cose serie”, di fatto non discostandosi da pregiudizi antichi come quelli della circolare ministeriale del lontano 1885, in cui il legislatore considerò la ginnastica e il canto, purché “combinati in guisa da non rubare spazio alle altre materie”. “La Musica non è intesa come esercizio intellettuale, bensì come un addestramento di tipo pratico, finalizzato allo svago dei sensi” (Badolato-Scalfato L’educazione musicale nella scuola italiana dall’Unità a oggi, 2013).

All’interno del Forum è nato un gruppo di lavoro su questo tema, che ha prodotto una prima lettera aperta condivisa, allo scopo di avviare un dibattito più esteso e sollecitare la riflessione, cosa che è avvenuta sia attraverso scambi via mail sia sui social 1. 

L’INTERVENTO DI CARLO DELFRATI

Scrive Carlo Delfrati nel suo Fondamenti di pedagogia musicale: “che ci siano esperienze che debbano precederne altre è cosa ovvia. Non trovo l’area di un triangolo se prima non so bene che cos’è un triangolo e non lo distinguo da un quadrato […] banale buon senso. Così come è metodologicamente essenziale che si propongano gli alunni esperienze a ‘un livello intellettuale un poco più alto di quello al quale essi si trovano’ […]. Propedeutico significa preparatorio a qualcosa che verrà dopo […] ciò significa consegnare all’allievo non le cose che gli servono in quel momento della sua vita, ma quelle che gli serviranno (e siccome nessuno possiede la sfera di cristallo, quelle che probabilmente gli serviranno) […]. Ma la concreta esperienza deve avere un valore in sé per il discente, nel momento in cui la vive, deve essere vissuta per un traguardo presente. Esistere per un traguardo solo virtuale non è il suo precipuo scopo. Senza contare che la preparazione al poi, non all’adesso, significa prefigurare un modello preciso di adulto, al quale il bambino deve essere orientato […]. Ho già ricordato come il bambino non sia culturalmente ‘vuoto’. E nemmeno un ‘adulto incompleto’. A ogni stadio della sua vita possiede una ‘propria’ cultura, organizzata in un particolare sistema, del quale la musica è una componente primaria.  Idealmente ogni allievo deve sempre trovare in quello che sta facendo in ‘quel’ momento la ragione sufficiente del fare. È in questo significato che il concetto di ‘propedeuticità’, come sinonimo di ‘preparazione’, diventa rischioso. Perché quello di cui ho bisogno, io alunno, è di fare le cose per l’importanza che hanno per me in questo momento della mia vita, non per una probabile, ma più spesso improbabile, importanza nel futuro“.

1 A questo link è pubblicata la lettera aperta del Forum Nazionale per l’educazione musicale sulla propedeutica musicale: 

* vicepresidente Forum Nazionale Educazione Musicale

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