MUSICOTERAPIA UMANISTICA
INTERVISTA A GIULIA CREMASCHI TROVESI

di Francesco Sessa

Giulia Cremaschi Trovesi è Presidente dell’APMM (Associazione Pedagogia Musicale e Musicoterapia) e della FIM (Federazione Italiana Musicoterapeuti), nonché autrice di diverse pubblicazioni in merito ai suoi studi sulla musicoterapia e fondatrice della musicoterapia umanistica.  Primo musicoterapeuta certificato in Italia, Giulia Cremaschi Trovesi non ha seguito un corso per ottenerlo. Lo ha creato. 

MusicEdu Ci racconti la tua storia legata alla musicoterapia?
Giulia Cremaschi Trovesi Il mio interesse per l’educazione musicale è sorto da studiosa e amante della musica, il che mi ha permesso di viverla su me stessa. La prima classe di scuola media nella quale sono entrata da insegnante mi ha subito suscitato degli interrogativi: che cosa posso dare a questi ragazzi? Con quali modalità una lezione di musica può essere importante dal punto di vista educativo? Questa è stata la prima spinta. Poi ho avuto la fortuna di conoscere Edgar Williems, uno dei grandi della pedagogia musicale: ho iniziato ad andare spesso da lui in Svizzera per capire cosa potessi dire e che contenuti comunicare agli allievi. Da lì è nato uno studio e ho capito una cosa importante: se le cose non vanno bene o gli alunni non sono attenti, c’è qualcosa che non va in me stessa. Qualcosa che non è chiaro. Questo studio mi ha portato nel mondo della disabilità perché uno dei miei colleghi aveva un bambino sordo. Mi ha detto: “Lo porto da te perché nel tuo metodo ci sono cose che per lui vanno bene”. Questa esperienza mi ha spalancato un mondo e mi ha fatto capire che non sapevo nulla sul suono. Ho capito che ascoltare è un’esperienza profonda, molto più di quello che fino a quel momento avevo imparato. E pensare che avevo già un diploma in pianoforte ed ero all’ottavo anno di composizione in Conservatorio: non è che fossi digiuna di musica. Ma tutto questo mi ha portato a interrogarmi, cosa che faccio tutt’ora. 

MusicEdu Non si smette mai di imparare...

Giulia Cremaschi Trovesi No. Tutto è partito così: dopo l’esperienza con questo bambino sono andata in un centro con ragazzi con difficoltà, per lo più autistici. È stato un altro mondo che si è aperto. Tutti i ragazzi stavano fuori dalla porta ad aspettare che iniziasse la lezione con me, tanto che il dottore che li seguiva si chiedeva che cosa ci fosse di particolare in quello che facevo. Domanda importante, che mi ha fatto capire che era la strada giusta. 

MusicEdu Hai trovato da sola il tuo metodo?
Giulia Cremaschi Trovesi Ho imparato dai grandi maestri. Uno si chiama Pitagora, uno Socrate, uno Guido d’Arezzo. Per esempio: nonostante tutti i miei studi, le mie conoscenze e le mie abilità musicali, non mi ero mai interrogata su un aspetto che per chi ascolta è basilare e per chi parla è fondamentale: gli armonici. Mi sono piombati addosso.

MusicEdu Come è stata accolta la musicoterapia?
Giulia Cremaschi Trovesi Il primo testo pubblicato in cui parlo di risonanza corporea risale al 1981. Oggi vedo su Internet cose terribili sul principio della risonanza. Bisogna capire come siamo fatti. Ad Assisi ho partecipato a convegni in cui professori parlavano di questi metodi ma non avrei mai pensato che potessero essere chiamati “musicoterapia”: per me era un rapporto educativo, era musica. Siccome portavo sempre con me in macchina i miei strumenti idiofoni, mi è venuto di fare un intervento spontaneo per far vedere alcune cose nel concreto: da lì mi hanno chiesto se potessi fare un seminario seduta stante. È un percorso molto bello dal punto di vista delle competenze e delle conoscenze, ma faticoso per come viene accolto da chi ha le chiavi del potere in mano. È tanto controcorrente. 

MusicEdu Hai citato il concetto di “risonanza”, che può avere tante accezioni. Il tuo lavoro è caratterizzato dal concetto di “corpo vibrante”, che si riferisce soprattutto ai bambini sordi. Ci spieghi come vengono avvicinati al suono?
Giulia Cremaschi Trovesi In merito al concetto di “risonanza”, con gli allievi del conservatorio parto con un esperimento del ‘700: una campanella sottovuoto dentro una sfera di vetro, da cui viene tolta l’aria. Quando si fa muovere la campanella, non sentiamo nessun suono. Bisogna capire che l’aria non è intorno a noi: è dentro di noi. Quando un corpo ha un’esagerazione di tensione (ipertensione) o una mollezza di tensione (ipotensione), l’aria che uscendo dalla nostra laringe si trasforma in voce non può funzionare. Questo vale per tutti quando abbiamo il batticuore, quando non siamo a nostro agio. A tutti capita di non riuscire a parlare: è il mondo delle emozioni. La cosa che i bambini sordi mi hanno svelato è che l’aria ci mette tutti in comunicazione, attraverso le onde sonore. Nel mio studio ci sono due pianoforti: io suono quello a coda e mando il bambino in quello verticale a mezza coda. Gli dico di stare fermo, di sedersi, di premere il pedale e di tenere chiuso il pianoforte. E di aspettare. Siccome non ha mai fatto un’esperienza così, tende a seguire. Io suono degli accordi e il pianoforte verticale risuona. Chiedo al bambino: “Come mai tu non l’hai toccato e risuona?”. Il bambino è in silenzio ed è attento. Questo è un bel gioco perché punta sullo stupore, sul fatto che possiamo dare qualcosa che non conosce. La risposta di alcuni bambini, e molti di loro hanno problemi seri, è che c’è una connessione sotto al pavimento. Io rispondo che è una bellissima risposta, ma non è quella giusta. “Cosa c’è in questa stanza che porta il suono da una parte e dall’altra?”, chiedo a quel punto. “L’aria”, mi rispondono. 

MusicEdu Quindi capiscono…
Giulia Cremaschi Trovesi Sì. Poi chiaramente dipende dal bambino; bisogna guardarlo bene: devo capire se ci arriva oppure no. Qui c’è un gioco di pratica. E per fare capire ancora di più, metto il bambino sopra al pianoforte, che ho rinforzato. Il nostro corpo è un risuonatore. Se si riceve un’onda di energia, è impossibile liberarsene. Quando parte una bella musica movimentata, non puoi sottrarti dal muoverti. Questa è fisica. E tutti i fondamenti del mio lavoro si basano sulla fisica. Studiando il linguaggio, ho scoperto quanto è potente la musica. Le vocali sono suoni con tantissimi armonici; le consonanti sono rumori, transitori d’attacco. Siamo nel pieno dei problemi del linguaggio. E si lavora con il buon umore, con la gioia, con le filastrocche, con i canti e con i salti. Ho rivisto da poco un bambino che aveva problemi di linguaggio e che è stato assente per tre settimane di vacanze: parla molto meglio rispetto a giugno. Tutto va in una strada naturale e spontanea. 

MusicEdu Quanto è importante l’improvvisazione?
Giulia Cremaschi Trovesi Il punto chiave è come suono io. È lì il problema: non si può suonare la prima musica che viene in mente. L’improvvisazione di cui io parlo, che è quella sul modello umanistico della musicoterapia, significa leggere il corpo della persona, che è una partitura vivente. Il movimento del corpo, il respiro, il modo di porsi, il cambiamento di posizione: così si raccolgono gli elementi che mi fanno suonare. Questa è la parte più difficile e che richiede una sicurezza professionale. Su internet ho visto un video con una maestra che suonava un preludio di Bach per un bambino con la sindrome di down, seduto sopra al pianoforte. Risultato: lei era tutta impegnata a suonare bene, il bambino stava per i fatti suoi. Lo studio di Bach, che io amo, non è adatto a questa cosa: è come leggere Foscolo a una persona con problemi di lingua. Non stiamo parlando di improvvisazione jazzistica: è un’altra cosa. È la lettura della persona. È il modo in cui ci si pone: bisogna portare la persona che si ha di fronte a cambiare senza però dire nulla.

MusicEdu Da dove deriva il termine “musicoterapia umanistica”?
Giulia Cremaschi Trovesi Viene dall’impatto educativo. La musicoterapia maggiormente diffusa è di impostazione psicanalitica o psicodinamica. Io non ho niente di questo, è un’altra cosa: è di natura artistica.

MusicEdu E senza trascurare la dimensione musicale e sonora.
Giulia Cremaschi Trovesi Assolutamente: deve essere tutto fatto con estrema attenzione, altrimenti non può funzionare. Ci si può trovare di fronte qualunque cosa. E può essere che si debba passare da una ninna nanna a una musica del ‘900. Esattamente come passiamo da un argomento all’altro in una conversazione qualunque. Questa è la parte difficile e non basta essere ottimi musicisti. Bisogna avere la capacità di improvvisare ma non solo musicalmente: c’è un aspetto umano profondo.

MusicEdu È un approccio più scientifico o artistico?
Giulia Cremaschi Trovesi La parola “scientifico” mi pesa sulle spalle da una vita. Se con “scientifico” intendiamo tutto ciò che va in una valutazione numerica su un protocollo di osservazione, allora non va bene. Se intendiamo fondamento nella fisica acustica, allora sì.

MusicEdu D’altronde, il musicista è un matematico.
Giulia Cremaschi Trovesi Non è un caso che ho messo Pitagora e Socrate tra i maestri… Io faccio un percorso di educazione in cui si tira fuori quello che c’è nella persona. È un approccio pienamente socratico.

MusicEdu Cosa provi quando vedi questo legame forte che si crea con i ragazzi che segui?
Giulia Cremaschi Trovesi Il concetto è maieutico: dare la vita. Sono problemi profondi che richiedono tanta, tantissima attenzione.

MusicEdu Però è una pratica ancora poco diffusa.
Giulia Cremaschi Trovesi Sono stata il primo musicoterapeuta certificato in Italia. E non ho seguito un corso: l’ho creato. È proprio farina del mio sacco. Quanto ci vorrà ad arrivare al fatto che un direttore o un dirigente scolastico chieda una certificazione, non lo so. Vedo che nelle scuole c’è poca educazione musicale fatta bene: si tende ad arrangiarsi. Ho fondato il corso di musicoterapia cinque anni fa, dopo che la norma UNI mi ha permesso di chiedere il monte ore e titoli musicali. La strada è lunga, ma sono sempre andata controcorrente.

4 commenti su “MUSICOTERAPIA UMANISTICA
INTERVISTA A GIULIA CREMASCHI TROVESI

  1. La straordinarietà della Maestra Giulia sta nella Sua naturale trasmissione di concetti semplici di carattere umanistico.
    Per ciò, non basta laurearsi col massimo dei voti ed insegnare, ma occorre esprimere la forza positiva che ognuno ha e trasmetterla con sicurezza e determinazione, proprio seguendo alla lettera il metodo di Giulia
    Un premio Nobel a Giulia, per la straordinaria umanità regalata nel corso della Sua vita, è il minimo riconoscimento che potrebbe renderne il Suo grande valore.

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