FONDAZIONE MILANO – SCUOLE CIVICHE. MADE IN ITALY DELLA CULTURA

di Piero Chianura

La formazione AFAM integrata e multidisciplinare, così come prevista dall’inattuata legge 508 del 1999, è già nel DNA di Fondazione Milano, un vero e proprio politecnico delle arti, fondato e sostenuto dal Comune di Milano, che rilascia titoli accademici di primo e secondo livello negli settori musica, teatro, cinema e televisione, traduzione, interpretazione e relazioni internazionali. L’ente milanese è a capo infatti di quattro prestigiose realtà ben note anche oltre i confini nazionali: la Civica Scuola di Musica Claudio Abbado, nata nel 1862, la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, nata nel 1951, la Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti nata nel 1952 e la Civica Scuola Interpreti e Traduttori Altiero Spinelli, nata nel 1980.

Si tratta di scuole all’interno delle quali si sono formati numerosi protagonisti della scena artistica e culturale nazionale. Oggi la Fondazione ha circa 3.000 allievi, provenienti da tutta Italia e dall’estero, 300 professionisti attivi e sette sedi a Milano. Con i più recenti riconoscimenti universitari del corso danza contemporanea e di composizione popular music, sono 63 i corsi di laurea triennali e 26 quelli magistrali a cui si affiancano master specialistici, masterclass e corsi intensivi, percorsi pre-accademici e di base in ambito musicale. Ogni anno queste scuole del “fare” realizzano un’ottantina di produzioni audiovisive, un centinaio di concerti, una sessantina di spettacoli di danza e teatro, e una settantina di incontri e concorsi aperti al pubblico sul territorio nazionale e internazionale.
In occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico, che si è tenuta lo scorso 22 febbraio presso la Sala Teatro della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, abbiamo organizzato un’intervista con Stefano Mirti e Monica Gattini Bernabò, rispettivamente Presidente e Direttore generale di Fondazione Milano. 
Nel corso della cerimonia di inaugurazione, era stato presentato il nuovo campus che il Renzo Piano Building Workshop sta progettando nell’area della Goccia della Bovisa, dove avrà sede anche il campus per le Scuole di Fondazione Milano. L’incontro con Mitri e Gattini parte subito da una riflessione sul rapporto tra i luoghi storici all’interno dei quali prendono vita oggi i progetti artistici della Fondazione e la nuova struttura polifunzionale.  

MusicEdu Il progetto di campus, in cui è previsto un auditorium, non rischia di sostituire i luoghi nei quali tenete oggi così tanti spettacoli, luoghi suggestivi proprio per la loro storicità?
Stefano Mirti Da “non milanese”, ritengo che la caratteristica di Milano sia proprio la capacità di cambiare. La città è ricca di spazi che, a diverso titolo, sono stimolanti proprio per la stratificazione architettonica e culturale che la città mostra. Chi produce un concerto o uno spettacolo in generale, può trovare lo spazio per lui più stimolante e più adatto al suo progetto.
Monica Gattini Da persona con un passato da “teatrante”, so che se ci si trova, per esempio, a provare sul palcoscenico della Scala si finirà per produrre uno spettacolo riproducibile solo su quel tipo di palcoscenico, diverso se si proverà invece in un teatro moderno. Perciò, in un’ottica di trasformazione e non di sostituzione di uno spazio con un altro, è interessante poter progettare in funzione del genius loci che ti sta accogliendo. Penso per esempio alla rassegna “Musica Antica”, nostro fiore all’occhiello organizzato in luoghi storici di Milano dalla Civica Scuola di Musica Abbado. Teniamo tutti i concerti nella sala da ballo del Castello Sforzesco perché lì ci sono tutti gli strumenti originali, con la possibilità di accogliere un pubblico ampio che si gode le esibizioni di ospiti nazionali e internazionali, insieme ai nostri giovani. Penso anche all’operazione “Ville di Delizia” che abbiamo organizzato a Rho, in un luogo ben lontano dal centro di Milano, ma in ville che hanno una loro storia, e dove abbiamo allestito un repertorio adatto al tema natura e musica. Esattamente come quando nacque la Paolo Grassi all’interno di una fabbrica di yogurt i cui spazi sono poi diventati quelli della scuola di cinema, che oggi ha sei studi utilizzati da professionisti esterni. Da questo punto di vista la ricchezza di questo ente (e anche il significato della definizione di “politecnico delle arti”) sta nella capacità di coniugare senza mai togliere, trasformando per far rivivere.

MusicEdu L’idea di politecnico delle arti da voi è nata dunque in modo spontaneo. L’integrazione tra le arti è di fatto nel vostro DNA.
Monica Gattini Sono contenta che abbia notato questo aspetto. Oggi la legge 508 del ’99 è tornata in auge, ma a questa norma non hanno fatto seguito regolamenti attuativi. L’inaugurazione del nostro nuovo anno accademico arriva nel momento in cui tutte le nostre scuole sono state autorizzate a rilasciare titoli riconosciuti AFAM. Molte realtà stanno ripescando questa norma per creare alleanze finalizzate alla creazione di un politecnico delle arti. Senza voler giudicare gli altri, la nostra struttura ha nel suo DNA, come ha detto lei, l’idea di politecnico delle arti, fin da quando qualcuno in Fondazione ha deciso di mettere insieme queste esperienze perché ha pensato che non avesse senso tenere pezzi non collegati, prevedendo che un mondo di alta formazione fosse uno sguardo sul futuro. Per noi oggi è importante dare ai ragazzi le competenze delle triennali e delle magistrali, perché se non hanno la “cassetta degli attrezzi” per suonare, cantare, fare regia e produrre un audiovisivo come si deve, non saranno poi in grado di collaborare con qualcuno di un’altra disciplina.

MusicEdu Non tutte le realtà formative hanno la fortuna di avere un passato così importante e una struttura lungimirante come la vostra. È legittimo che ci siano altri modi per accedere al riconoscimento di politecnico delle arti. 
Monica Gattini Assolutamente sì. Le mie considerazioni non sono mai ad escludendum perché questo ente ha collaborazioni di ogni tipo e mai in contrapposizione. Però non posso fare a meno di esaltare questa nostra specificità perché, anche in Europa, troviamo realtà che riuniscono dipartimenti di musica e teatro o di cinema e teatro, o ancora danza e musica, ma non esiste un’altra realtà come la nostra in cui si trovino musica, teatro, danza, cinema e traduttori e interpreti. Perciò il nostro polo è un modello importante di politecnico delle arti unico nel nostro Paese, che non vuole assolutamente escludere esperienze importanti in altri ambiti culturali di cui non ci occupiamo, come quelli della pittura o della scultura, per esempio.
Stefano Mirti Per questa ragione, penso che il sottotitolo della presentazione dell’anno accademico che abbiamo appena fatto potrebbe essere “il nuovo Made in Italy”. Perché è vero che c’è la moda e ci sono le automobili, ma ci sono una gran quantità di persone che accedono alla formazione italiana di cultura, che crea anche economia, non dimentichiamolo, che sono di fatto i primi ambasciatori di questo specifico Made in Italy.
Monica Gattini È anche per questo che consiglio sempre ai nostri ministri di governo di mandare i più giovani a rappresentare il nostro Paese all’estero, perché in questo modo non solo diamo concretezza al messaggio “Next Generation Eu” ma i giovani resteranno ambasciatori del nostro Made in Italy per molto più tempo. Certo, non posso far finta che la cultura nel nostro Paese, proprio per l’importanza che ricopre anche in termini di riconoscibilità dell’Italia all’estero, non riceve mai abbastanza risorse. Di positivo per noi c’è che le amministrazioni milanesi hanno comunque la capacità di costruire rete, che permette di realizzare grandi progetti altrimenti impensabili senza il coinvolgimento della città. Pensiamo a come l’Assessorato alla Cultura è riuscito a far crescere Piano City con tutti i suoi concerti distribuiti in luoghi differenti, comprese le case private. Allo stesso modo, noi che facciamo formazione veniamo coinvolti per dare il nostro contributo a vari progetti culturali, ma voglio anche essere chiara dicendo che fare le nozze coi fichi secchi può attivare la creatività all’inizio, ma poi occorre sostenerla dandole da mangiare, cioè finanziando chi fa cultura. Durante la pandemia tutti si sono resi conto di quanto il nostro lavoro sia mancato alle persone.
Stefano Mirti Bisogna riconoscere che Milano è comunque una città di incrocio, dove girano risorse economiche e professionalità, una cosa che non accade allo stesso modo in altre città italiane. Inoltre c’è da molti anni una continuità amministrativa a livello politico che ha comunque garantito il mantenimento delle relazioni con le realtà del territorio.
Monica Gattini È vero che la Fondazione Milano ha continuato a esistere in questa città, indipendentemente dal colore delle amministrazioni che si sono susseguite, però è anche vero che il nostro ente ha bisogno di un dialogo a livello nazionale perché è un ente nazionale, rilascia titoli a livello nazionale per studenti da tutta Italia e anche dall’estero. È importante che ci sia anche un riconoscimento dell’ente in sé, perché non abbiamo strutturalmente nessun tipo di finanziamento economico né dal MUR, né dal MIC, mentre siamo quelli che forniscono al MIC le figure professionali che vengono poi finanziate e al MUR le figure legate al mondo universitario.

MusicEdu Quando ci si occupa di arte e cultura si tende a fare rete abbastanza facilmente… Anche all’interno del vostro modo di fare formazione immagino sia naturale il dialogo tra le discipline di ciascuna scuola. Peraltro questa è una visione rivalutata negli ultimi anni, dopo un periodo di “separazione” nel nome della specializzazione. O sbaglio? 
Stefano Mirti Il passaggio interessante è che le scuole civiche sono per loro natura molto verticali, perché sono scuole “del fare”. La cosa ingegnosa che è stata fatta nel 2000, quando è nata la fondazione, è stato mettere un cappello superiore stabilendo che queste entità autoriferite dovessero relazionarsi e interagire tra di loro. Posso immaginare che se non fosse nata la Fondazione, lei oggi sarebbe a parlare con il direttore della civica scuola di musica e invece, non a caso, lei sta parlando con due figure che non hanno a che fare con il mondo della musica, né con l’audiovisivo.
Monica Gattini Io credo che la cultura come tutte le esperienze di spettacolo sia un fatto di squadra. Certo in teatro puoi fare un monologo al buio e se sei un pianista puoi fare un concerto da solo, ma è un dato di fatto che dietro c’è sempre una squadra che ci lavora. In Italia ci sono diverse scuole di teatro, di cui solo due sono riconosciute AFAM a livello ministeriale, la Silvio D’Amico di Roma e la nostra Paolo Grassi a Milano. La nostra è quella che forma più figure professionali: attori, danzatori, regia, autori e organizzatori dello spettacolo. È naturale che nascano immediatamente progetti integrati all’interno della scuola. Infatti dalla Paolo Grassi come anche dalla Luchino Visconti per il cinema, escono tanti gruppi e start-up di produzione. Detto questo, ritengo che la specializzazione sia importantissima anche perché permette di garantire la diversità all’interno delle arti, che si tratti di un corso di arpa uncinata nella musica o di coreografia per la danza contemporanea nel teatro.
Stefano Mirti Una cosa interessante è che negli ultimi anni c’è stato un grande fiorire di proposte formative trasversali tra gli ambiti scientifico e umanistico. Secondo me il nostro modello è esattamente l’opposto perché prevede che una persona prima si specializzi e poi eventualmente incroci un’altra professione. Invece ogni qual volta si propone a un ragazzo di vent’anni di studiare insieme discipline spesso molto distanti tra loro, secondo me non funziona. Il passaggio di specializzazione, che è quello del fare a regola d’arte e con fatica, tipico del nostro insegnamento, lo trovi molto raramente in Italia e direi solo come apprendimento di un lavoro di produzione specifico. Per questa ragione poi quando giri per le aule delle nostre scuole trovi anche una percentuale così alta di studenti stranieri.
Monica Gattini E poiché, come dicevamo prima, all’interno della scuola parte subito la volontà di aggregarsi per progettare insieme ad altre figure di specializzazione, ecco che nasce anche un dialogo tra futuri artisti del mondo, a partire dal luogo in cui si stanno formando insieme.

MusicEdu Con il paradosso che le scuole civiche mantengono l’accessibilità alla formazione per gli studenti meno abbienti, come era al principio, ma sono oggi l’eccellenza assoluta e quindi sono anche richieste dagli studenti stranieri…
Monica Gattini Non abbiamo barriere di censo né economiche, ma è però necessaria la barriera in entrata attraverso le audizioni, perché non possiamo raccontare ai nostri studenti che saranno formati come professionisti di alto livello e poi li accogliamo anche se non hanno gli strumenti per arrivare a quel livello… pur sapendo che lo strumento delle audizioni non è infallibile. Che la formazione è un ascensore sociale lo si sapeva già un secolo fa. Lo aveva già capito a fine ottocento Moisè Loria, il fondatore della Società Umanitaria a Milano, molto prima della nascita di Fondazione Milano. Nella Milano di oggi, che conta sette atenei strepitosi, che sfornano laureati per tutto il mondo, c’è però un fatto nuovo. La formazione ha ancora il ruolo di ascensore sociale, però è anche un potente fattore economico di sviluppo della città, se pensiamo ai tanti ragazzi che vengono a Milano per studiare. Certo, l’Italia conta di contro il minor numero di laureati in Europa, ma anche per questo bisogna continuare a investire sulla formazione.

Info: Fondazione Milano

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