DIDATTICA SPECIALE AFAM (2). CODICI DI NOTAZIONE ALTERNATIVI: LA DIMENSIONE RITMICA
di Emilio Piffaretti
In questo secondo articolo inizierò a tracciare gli elementi base del metodo utilizzato per far apprendere a studenti particolari le abilità di lettura ritmica.
Partiamo dalla pulsazione. Spiegare il termine “pulsazione” può risultare molto semplice, darle un aspetto grafico diviene un’operazione un po’ più complessa.
Nella semiografia musicale molti compositori hanno proposto molteplici soluzioni, tutte valide, interessanti e fonte di ispirazione. Nella dimensione ritmica la pulsazione è strettamente connessa al principio di ridondanza, ovvero, di reiterazione di impulsi reali o immaginari o visivi.
La pulsazione può essere rappresentata con punti o lineette (dimensione grafica) oppure con gesti o movimenti (dimensione spaziale) o, ancora, con impulsi (dimensione uditiva). Mentre sto scrivendo questo articolo, la battitura delle parole sulla tastiera del computer genera ticchettii che possiamo considerare veri e propri stimoli uditivi che disegnano vere e proprie strutture tecniche ma che, se non inquadrate all’interno di uno schema “misurato” appaiono totalmente senza alcuna forma organizzata.
Allora, quali sono le caratteristiche della pulsazione?
Oltre al principio di ridondanza, c’è anche quello legato alla regolarità: ogni impulso/stimolo acustico o visivo deve manifestarsi a intervalli regolari ed equidistanti nel tempo. Gli impulsi del metronomo che, in base alla tacca prescelta, generano click regolari che frazionano uno spazio temporale.
Eviterò, in questa sede, di disquisire sul Tempo e sua organizzazione. Lascio volentieri ai fisici e filosofi la sua trattazione. Mi vorrei soffermare invece sulle molteplici modalità di lettura e scrittura del ritmo in un’ottica inclusiva.
Nel settore AFAM, di cui sono uno dei molti piccoli ingranaggi, includere uno studente “fragile” significa consentirgli l’accesso alle conoscenze e sviluppare in lui le abilità indispensabili per il conseguimento di una formazione musicale adeguata, transitando però attraverso vie alternative. Ciò significa che è indispensabile approcciarsi alla “materia” in modo non convenzionale ed essere sempre pronti a invertire o cambiare direzione se, la scelta operata, non produce i risultati sperati.
Per essere più precisi, rispetto alla dimensione grafico-ritmica, devo dire che il codice musicale formale, per intenderci quello che abbiamo faticosamente appreso in anni di studio, è caratterizzato da una opacità di base, esattamente come avviene in alcune lingue dove alcune parole hanno lo stesso “suono” ma grafia differente, e viceversa.
Da qui la forte affermazione che il codice di notazione musicale porta con sé il “seme” dell’errore, poiché la scrittura musicale è, e rimane, un fatto complesso.
Per esempio, qual è la differenza tra le seguenti figure?
Qualcuno direbbe che la prima “vale” la metà della seconda. Altri noterebbero la sola differenza grafica.
Chi ha appreso i rudimenti della lettura ritmica collocherebbe le due figure in una dimensione gerarchica, dove B è dominante rispetto ad A.
Dal mio punto di vista, le due figure non presentano sostanziali differenze: sono, da un punto di vista ritmico, congruenti come due figure geometriche che, se sovrapposte, coincidono. Affinché si manifesti tale condizione, le figure musicali devono possedere alcune condizioni.
Prendiamo le seguenti cellule ritmiche:
Trovate delle differenze? Io, nessuna. Da un punto di vista dell’esecuzione ritmica, se sovrapposte, coincidono!
È un’affermazione forte e, per taluni, anche opinabile. Non lo nego! Ma la scrittura musicale nasce per la necessità di conservare e tramandare il patrimonio musicale, tramandato oralmente per secoli.
Se osserviamo le molteplici soluzioni proposte nel passato, ci accorgiamo come la notazione musicale sia passata attraverso codici appartenenti ad altri campi dell’espressione umana: le lettere, i numeri, vari simboli di interpunzione, ecc.
Allora, se mettiamo da un lato la criticità della notazione musicale dell’essere scrittura opaca e dall’altro la necessità di utilizzare un sistema di notazione inclusiva, si arriva alla definizione delle alternative.
La letteratura ha fornito numerosi esempi, come il rivoluzionario sistema guidoniano che ha segnato un punto di svolta fondamentale nella storia della notazione musicale diventando, a tutti gli effetti, il primo sistema di lettura musicale inclusivo!
Riprendendo il concetto iniziale di pulsazione, inizierò a delineare le basi sulla quali si regge la tecnica di scrittura che ho chiamato Tachigrafia musicale, o più semplicemente Scrittura e lettura rapida.
All’interno dei miei corsi di Teoria, ritmica e percezione musicale, di fascia propedeutica e accademica, a fianco allo studio del codice di notazione formale anche quello di Z. Kodaly (lettere) e della J. Ward (cifre). Ciascun codice non viene utilizzato integralmente seguendo pedissequamente la metodologia dell’uno o dell’altra, ma solo in virtù del raggiungimento di obiettivi specifici legati all’intonazione, alla lettura cantata o alla percezione di intervalli, triadi, scale ecc.
Per quanto riguarda la dimensione ritmica, l’argomento di questo articolo, ho trovato interessanti le intuizioni di P. Hindemith ben delineate nel suo metodo Teoria musicale e solfeggio.
Già dalle prime pagine, appare chiara la sua concezione dello spazio ritmico e, in particolare, la sua rappresentazione dell’organizzazione delle durate, non solo basata sulla gerarchizzazione dei valori musicali, ma dell’attenzione alla dimensione percettiva delle stesse, incardinata, all’inizio, sulla distribuzione degli impulsi acustici (suoni/note) su pulsazioni:
Tale “idea”, oltre a sviluppare le capacità di lettura ritmica organizzata, rafforza nello studente la consapevolezza di un ascolto selettivo, ovvero, l’abilità di selezionare un singolo elemento (o un gruppo di elementi) e di tradurlo in rappresentazione grafo-ritmica formale.
Voglio ora proporre una (provocatoria) attività di scrittura.
In quanti modi posso rappresentare la seguente sequenza ritmica?
Ora proviamo a rispondere alle seguenti domande:
1. Le modalità di scrittura suggerite sono idonee a rappresentare la traccia audio appena ascoltata?
2. Qual è la soluzione che impiega il minor dispendio di energia cognitiva?
3. Qual è la soluzione in grado di ridurre al minimo il margine d’errore nella fase di trascrizione?
Provate ora a trascrivere la sequenza ritmica e cercate di trascriverla in notazione musicale dopo averla ascoltata una sola volta:
La trascrizione effettuata da un musicista avverrà mediante un processo associativo tra quello che si è ascoltato e la sua rappresentazione in codice ritmico formale.
La trascrizione effettuata da uno studente alle “prime armi” risulterà tanto più complessa quanto meno sarà la sua conoscenza delle regole che governano l’organizzazione metrica delle figure musicali.
Allora come posso velocizzare il processo di lettura e trascrizione ritmica già dalle prime lezioni?
Riprendiamo dalla distribuzione delle pulsazioni descritta da Hindemith e iniziamo a sviluppare negli studenti la capacità di cogliere gli impulsi sonori e la loro distribuzione nello “spazio misurato”.
La seconda operazione consiste nella scelta di un codice non musicale utile alla rappresentazione delle durate. La mia scelta è caduta sul codice numerico poiché contiene in sé il principio della pulsazione e suddivisione.
La cifra “1”può, a vari livelli, rappresentare l’unità di pulsazione (unità di tempo):
La cifra “2”può rappresentare la suddivisione semplice e la cifra “3”la suddivisione composta:
Le cifre da ‘2’ a ‘n’ si possono associare ai vari raggruppamenti regolari e irregolari.
Chiarito agli studenti, e dopo un breve training, diventa estremamente semplice e intuitivo avvicinarsi alla lettura e scrittura ritmica poiché si sposta l’attenzione dalla rappresentazione grafica di un raggruppamento alla quantità di impulsi/eventi contenuti in esso.
Così la seguente sequenza ritmica:
può essere rappresentata in questo modo:
Proposta di attività Tachigrafica (2 ascolti):
Propongo agli studenti l’ascolto di una semplice sequenza ritmica contenente cellule ritmiche elementari e coincidenti con la pulsazione e sua suddivisione in n parti (all’inizio 2, 3 e 4 come nella sequenza sopra indicata).
Chiedo, (A) durante l’ascolto, di contare le pulsazioni su cui si sviluppa l’intero esercizio e successivamente di tracciare delle astine metriche (organizzazione dello spazio mensurale); (B) Ripropongo la sequenza ritmica prestando ora attenzione alle quantità e contestualmente (C) ne chiedo la sua trascrizione (tachigrafia) con codice numerico.
Nella fase di revisione: (1) mi soffermo brevemente sulle cellule che possono aver prodotto errore, ne (2) evidenzio le peculiarità ritmiche e (3) propongo la rappresentazione con codice numerico e in notazione ritmica formale. Infine, introduco il principio dei livelli di suddivisione (rapporto gerarchico della dimensione ritmica) che spiegherò in un prossimo articolo.
Le attività sopra descritte le svolgo nel primo mese di studio (circa 4 lezioni da 2 ore) affiancando a esse un’intensa attività di lettura e ascolto di brani musicali unitamente a semplici esercizi di potenziamento.
L’attività di tachigrafia musicale fornisce in tutti gli studenti lo sviluppo delle abilità di lettura ritmica e di scrittura, tanto più se si utilizza un doppio codice di notazione (ritmica) musicale. Personalmente, per la lettura e la scrittura del ritmo trovo utile l’abbinamento del codice numerico e formale.
Da qui nasce la mia convinzione che l’utilizzo di codici multipli favorisca il processo di apprendimento e di assimilazione dei rapporti gerarchici tra le figure valore. Ho inoltre riscontrato che è possibile da subito proporre differenti combinazioni (cellule ritmiche anche complesse) indispensabili al potenziamento del processo associativo tra le figure valore e la loro contestualizzazione all’interno di strutture mensurali differenti. Quanto ho descritto sin qui, lo adotto in gruppi in cui sono presenti anche studenti fragili.