MUSICA ATTIVA COME RISPOSTA SOCIALE. L’ESPERIENZA DI VALENTINA RUSSO

di Francesco Sessa

L’Istituto Comprensivo Sant’Ambrogio di Milano è stato tra i beneficiari della donazione di strumenti musicali promossa dall’iniziativa “Restore the Music Milan”, lanciata da Fondazione Milan (public charity del gruppo AC Milan) e Restore The Music UK, organizzazione benefica britannica legata a Elliott, società proprietaria del Milan, che opera nel territorio di Londra con l’obiettivo di rendere la musica accessibile a tutti i ragazzi e le ragazze.
La notizia sarebbe tutta qui se non avessimo scoperto che tra gli insegnanti impegnati a dare un senso concreto alla donazione c’è Valentina Russo, professoressa di musica dell’istituto beneficiario, con alle spalle esperienze di insegnamento in scuole periferiche socialmente complicate. Il suo metodo di insegnamento della musica, che parte da un’indagine sulle preferenze musicali dei suoi allievi, è riuscito a coinvolgere ragazzi e ragazze di una generazione e contesto sociale distratti da ben altri interessi.

Valentina Russo e Saturnino, in occasione della presentazione del progetto Restore The Music Milan.

MusicEdu Valentina, ci racconti il percorso della tua formazione?
Valentina Russo Partiamo dalla città in cui ho vissuto, Napoli, e dove ho lavorato come istruttrice di nuoto, commessa, contabile e anche come militare nell’esercito. La mia formazione musicale invece è classica. Mi sono diploma in pianoforte tra Salerno e Napoli. Ma non riuscivo a trovare il modo per esprimermi al meglio, tanto che poi ho iniziato a suonare più liberamente, rock e jazz, spaziando molto tra i vari generi. Dopo il diploma di pianoforte mi sono iscritta all’ISFOM di Napoli, Istituto di Formazione di Musicoterapia. Sono rimasta folgorata: è un mondo in cui si parla di folklore, di coscienza sonora. Vedevo reazioni profonde da parte dei ragazzi disabili: per loro è il massimo quello che per gli altri è il minimo. Ricordo che seguivo un gruppo di una ventina di persone a cui facevo fare musica d’insieme il sabato e una delle cose più belle che mi è accaduta è stata quando un ragazzo di 20 anni mi ha detto: “Il sabato è il mio giorno preferito: la mattina siamo con te e suoniamo, la sera c’è La Corrida in tv”. Mi veniva da piangere a pensare alla semplicità di quel ragazzo…

MusicEdu E come si è evoluta la tua professione di insegnante?
Valentina Russo Ho iniziato a fare supplenza nelle scuole della periferia di Napoli. Nel 2005 fui chiamata in un istituto nel Rione Traiano. Peggio di Gomorra! Tutti i ragazzi appartenevano al “sistema”, così lo chiamavano loro. Ascoltavano cantanti neomelodici: Gigi D’Alessio e altri meno noti. Che lezioni potevo fargli? Non potevo certo parlargli di Beethoven, Mozart e Bach! Allora ho iniziato a chiedergli che musica ascoltassero e di farmela sentire, imparando molto sul loro stile di vita. Da lì sono passata in altre realtà non meno difficili. Dal 2013 ho iniziato a lavorare con contratto annuale e a formarmi ancora di più, sempre in situazioni complicate. Ho lavorato in scuole in cui ogni giorno si presentavano i carabinieri. Ma non mi sono mai scoraggiata, sono sempre riuscita a trovare un modo per approcciarmi alla classe. Anche perché venivo dall’esperienza militare, durante la quale, tra l’altro, ho anche conosciuto mio marito, ed è stata estremamente formativa.

MusicEdu Ai ragazzi raccontavi della tua esperienza militare?
Valentina Russo Certo. I ragazzi parlano di armi senza averne mai presa in mano una e la mia storia creava in loro empatia. Forte anche avendo fatto la militare, non mi facevo spaventare dai ragazzi. Ho iniziato a comprendere perché loro ascoltassero certi tipi di personaggi e guardassero video legati a un certo stile di vita. Come facevo a spiegargli il Barocco, il Melodramma e il Madrigale? Non mi avrebbero ascoltato, se lo sarebbero dimenticati. Ma ho capito che comunque per loro la musica era fondamentale: si vestivano come i cantanti, che erano veri e propri riferimenti, perché per loro è gente che ce l’ha fatta a uscire da situazioni sbagliate “facendo i soldi”. Allora ho iniziato ad ascoltare le loro canzoni stimolando dibattiti in classe. 

MusicEdu Poi sei arrivata a Milano…
Valentina Russo Mio marito fu coinvolto in una brutta missione in Afghanistan e così gli diedi l’out out per smettere con quel tipo di vita. Lui fece un concorso e fu trasferito in Lombardia. Io feci un concorso straordinario per riuscire a seguirlo, sono riuscita a passarlo e a settembre 2019 ho preso servizio a Milano dove ho trovato una scuola diversa, con il 90% di studenti stranieri quasi tutti immigrati e una condizione economica molto diversa da quella della realtà locale napoletana da cui venivo, dove le condizioni di vita erano difficili, ma almeno a Milano i genitori erano presenti. Dal punto di vista didattico, però, il discorso cambia poco: anche a qui si fa fatica a parlare di Bach e Beethoven. Seguo il programma ministeriale ma in modo leggero, agganciandomi a quello che fanno in storia. Il mio è un approccio “umano”. L’anno scorso ho fatto fare ai ragazzi delle lezioni, perché quando il mio programma non interessa, devo fare qualcosa di diverso per coinvolgerli. Ogni studente, a turno, presentava un cantante o un genere musicale, dopo un lavoro di ricerca sul personaggio. Poi spiegava il motivo per cui ascoltava quell’artista o una canzone: per il ritmo? Per la melodia? Per il testo?

MusicEdu Hai una certa autonomia sul programma da questo punto di vista?
Valentina Russo Fortunatamente abbiamo diverse possibilità. L’obiettivo principale è quello di far comprendere ai ragazzi un certo tipo di linguaggio legato alla disciplina e fargli acquisire uno spirito critico. In fin dei conti sono dei fruitori di musica e dunque siamo dentro la materia scolastica. La generazione precedente andava a teatro e ascoltava la radio, mentre per i ragazzi di ora la fruizione è di tipo individuale, sollecitata da suggerimenti di ascolto in base ai gusti personali: è tutto incanalato e non si ha una conoscenza ampia. Siccome l’obiettivo è far acquisire una capacità di giudizio, pongo loro una serie di domande che, quando ascoltano musica da soli, non si fanno. 

MusicEdu E a quali conclusioni sei arrivata?
Valentina Russo Intanto ho conosciuto il peggio. Quando parliamo di trap americana, per esempio, ci avviciniamo a una realtà che fortunatamente non ci appartiene, ma che attrae i nostri ragazzi. Ho sentito canzoni piene di volgarità in poche frasi: offensive e violente nei confronti delle donne. Io vengo dal mondo militare, ma nonostante questo non avevo mai sentito così tante volgarità. Allora ho aperto il dibattito, soprattutto con le ragazze: abbiamo cominciato a parlare di violenza sulle donne. Quando una ragazzina mi ha chiesto: “Chi dovrebbe spiegarci queste cose?” mi si è gelato il sangue. Prima che insegnanti di una materia, noi siamo prima di tutto educatori: possiamo insegnare musica o civica, ma questi ragazzi non possono crescere senza avere qualcuno alle spalle che gli parli di queste cose e la classe deve diventare il luogo in cui farlo. Dopo aver visto un video di una canzone su una rapina, ho voluto fare loro capire cosa ci fosse dietro dedicando una lezione apposta. Sono argomenti che a loro interessano. Non voglio sminuire il loro mondo musicale, perché io stessa da ragazza ascoltavo i Sex Pistols… Ma li ascoltavo perché mi piacevano le canzoni, non mi sarei mai identificata nei loro messaggi e non avrei neppure imitato il loro stile di vita. Questo è quello che mi preoccupa di questi ragazzi: sono fragili e inconsapevoli del fatto che gli artisti che ascoltano sono prodotti commerciali in cui passa il messaggio “se ti comporti in un certo modo fai i soldi”.

MusicEdu Come si collega questo tuo approccio con la donazione di strumenti grazie a “Restore The Music Milan”?
Valentina Russo L’anno scorso ho chiesto ai ragazzi se sapessero cosa significa scrivere una canzone. Non sapevano che tipo di lavoro ci fosse dietro e così lo abbiamo fatto. Eravamo in DAD e avevamo due ore consecutive di lezione. Ho detto loro di scrivere un testo e all’inizio hanno realizzato loro stessi dei beat. Così sono nate le canzoni: la parte musicale l’abbiamo fatta insieme una volta rientrati in classe. Loro hanno scelto gli strumenti e io ho assemblato il tutto. Ora, grazie agli strumenti che abbiamo ricevuto da Fondazione Milan possiamo anche usare stumenti Midi e i Launchpad per comporre le musiche. Per questo devo ringraziare la preside Milka Fiorella Granese, ma anche i miei colleghi di strumento da cui è nata l’opportunità: Anna Tataru, Katia Caradonna, Sergio Bonetti

MusicEdu Stiamo parlando di strumenti non tradizionali: è stata tua la scelta?
Valentina Russo Sono sincera: non mi è mai piaciuto il flauto dolce e non riuscirei a far suonare ai ragazzi uno strumento che non mi piace. Quando ho scoperto che a scuola c’era un’aula laboratorio vuota, molto grande, in cui c’erano strumenti Orff, mi si è aperto un mondo. Così ho cominciato a far sperimentare ai ragazzi altri tipi di musica, con un approccio diverso. Il Covid purtroppo ha interrotto tutto, ma quando è arrivata l’occasione con Fondazione Milan, io sembravo Alice nel Paese delle Meraviglie. Ho potuto decidere quali strumenti prendere e, grazie all’esperienza di musicoterapia che avevo fatto in passato, ho scelto anche una serie di strumenti ritmici, quindi non solo elettronici.

MusicEdu Come si trovano i ragazzi con questi strumenti?
Valentina Russo Mi sono resa conto che sono poco coordinati: non riescono a memorizzare e riprodurre un ritmo. Manca quella che io chiamo “coscienza musicale” o “identità sonora” (ISO), che accomuna tutti ma che allo stesso tempo ci distingue dal punto di vista della tradizione folklorica. Ci si nasce, è genetica. Allora mi sono inventata un laboratorio in cui ognuno proponeva agli altri un ritmo e così sono riusciti a coordinarsi ed erano gratificati. Spero che questo possa portarli a vivere la musica. 

MusicEdu E come procedi con l’insegnamento di quella che è stata musica nei diversi periodi storici?
Valentina Russo Faccio un esempio: dovevo spiegare il Barocco e sono partita dalla peste bubbonica. Devo sempre far capire il contesto culturale e sociale: c’era l’aristocrazia che viveva nel fasto più totale, ma come stava il popolo? Non c’erano servizi igienici e acqua: per loro la musica non esisteva. La musica era vista come un aspetto ludico… Cerco di far capire arte e musica dal punto di vista umano: propongo Wagner e qualche opera pittorica quando parlo del Romanticismo, facendo capire che rispecchiano il contesto umano di allora, ma che è quello che succede a noi anche oggi. 

MusicEdu È molto importante rimettere in relazione i ragazzi con la musica. Il passo successivo è ridare spazio alla condivisione di una identità sonora comune.
Valentina Russo Io dico sempre agli studenti: sei io andassi in una tribù aborigena, in che lingua potrei comunicare? Se suonassi un ritmo su un tamburo, mi risponderebbero. È questo quello che ci accomuna. Noi siamo suono. La prima cosa con cui veniamo a contatto e l’ultima cosa che sentiamo prima di andare a dormire è il battito del cuore. La musica influenza tutto, anche se non ce ne accorgiamo.

MusicEdu Tutti stiamo tornando lì, al potere del suono: attraverso il suono possiamo fare rieducazione e anche curare.
Valentina Russo In Paesi come Germania o Inghilterra i bambini dell’infanzia, ma anche prima, utilizzano i suoni per imparare il coordinamento motorio. Nascono con il concetto di ascolto attivo e riproduzione fisica. Hanno una vita di suoni, a prescindere da quello che ascolteranno. Il fatto che in Italia all’infanzia ci siano solo i progetti musicali e non musica, secondo me non va bene. Se i ragazzi apprendono la concezione del suonare insieme, ascoltare e condividere, arrivano alle medie con una forma mentis diversa. 

Ecco i video realizzati nel corso dell’anno scolastico 2020-2021 da alcune classi in cui Valentina Russo ha insegnato musica. Si tratta di brani scritti, composti e realizzati dai ragazzi con l’aiuto della professoressa. 

7 commenti su “MUSICA ATTIVA COME RISPOSTA SOCIALE. L’ESPERIENZA DI VALENTINA RUSSO

  1. Cara prof.,
    stai facendo un lavoro strepitoso!
    Sono certo che tutti gli alunni che incontrerai nel tuo percorso didattico non dimenticheranno mai le tue lezioni. Perché ne sono sicuro? Ho avuto la fortuna, da adolescente, di incontrare professori come te, che hanno saputo donare la chiave di lettura critica di ogni argomento affrontato, iniziando una vera e propria indagine conoscitiva del contesto sociale e storico entro cui si verificavano gli eventi oggetto di studio. Ti faccio i miei più sinceri ed affettuosi complimenti!!!

    1. Ci rendiamo conto che non è facile valutare un’esperienza del genere senza aver parlato con i ragazzi che l’hanno vissuta… Però l’esperienza di Valentina ci dice che forse la scuola è l’unico luogo all’interno del quale oggi è possibile indagare sul contesto violento e privo di valori in cui i nostri ragazzi “navigano” oggi, per aiutarli a comprenderlo.

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