LA SCUOLA CONNESSA. OLTRE LA RETE UNICA
di Francesco Sessa
“Digitalizzazione”. Parola entrata definitivamente nella quotidianità delle nostre vite e a cui la pandemia ha spalancato le porte. Concetto che trova la sua concretizzazione nella banda larga ultraveloce. Per cui, stando all’ultima versione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), consegnata dal Governo all’Unione Europea il 30 aprile 2021, è previsto un investimento di 6.306,5 milioni di euro (6,31 miliardi) di budget pubblico. Le voci a cui sarebbero destinati questi soldi sono cinque: Italia a 1 Giga, Italia 5G, Scuola Connessa, Sanità Connessa e Collegamento Isole Minori. Degli oltre 6 miliardi di investimento previsti dal PNRR, 261 milioni (pari al 4,1%) sono destinati alla voce che riguarda le scuole. L’obiettivo è completare l’intervento pubblico avviato nel 2020 per coprire tutti gli edifici scolastici con connettività a banda larga ultraveloce in fibra ottica da 1 Gbit/s: solo 9mila gli edifici scolastici rimanenti, pari al 20%.
C’è poi il capitolo dedicato alla rete unica. Nelle ultime settimane sono circolate diverse indiscrezioni secondo cui il governo avrebbe intenzione di abbandonare il progetto di rete unica in fibra ottica a banda ultralarga, che prevede di far confluire la gestione delle linee di Tim e delle reti di Open Fiber (controllata dallo stato tramite Cassa Depositi e Prestiti) in un’unica società, la AccessCo, di cui Tim dovrebbe assumere il controllo. Alcuni passaggi del PNRR parlano infatti di “reti” e non di “rete”. Il PNRR firmato da Draghi, dunque, potrebbe aver archiviato il progetto di “rete unica”, promosso invece dal precedente governo. Il 27 aprile, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha dichiarato: “L’obiettivo è portare entro il 2026 reti a banda ultralarga ovunque senza distinzioni territoriali ed economiche”. Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, ha parlato così il 12 maggio: “L’obiettivo dell’Italia è colmare il divario di competenze con almeno il 70% di popolazione digitalmente abile entro il 2026. Non possiamo trascurare il capitale umano, abbiamo il dovere di rafforzare e incoraggiare le competenze perché grazie al digitale possiamo costruire una società più moderna e inclusiva”.
E l’argomento tocca, ovviamente, anche le scuole.