LA PRATICA O LA GRAMMATICA? COME USCIRE DA UN INUTILE DILEMMA
Alberto Odone e Piero Chianura
MusicEdu si occupa di educazione musicale nelle sue forme più varie ed è particolarmente interessata a possibili nuovi approcci e declinazioni della realtà musicale nelle situazioni più diverse. In qualche caso si tratta di esperienze in cui discipline tradizionalmente molto specialistiche e spesso chiuse in se stesse si aprono a contesti più interdisciplinari. È il caso del gruppo di musicisti facente capo alla Società Italiana di Analisi e Teoria Musicale – GATM aps (www.gatm.it) di cui è presidente Annamaria Bordin, che abbiamo voluto incontrare per comprendere in che modo attuano questa apertura ad altri ambiti formativi. Il gruppo è composto da Matteo Catalano, Enrico Cominassi, Gianluca Dai Prà, Nunzia De Falco, Raffaele Di Mauro e Alberto Odone.

MusicEdu Parlateci di voi!
Nunzia De Falco La Società Italiana di Analisi e Teoria Musicale è un’associazione costituita da studiosi provenienti da università e conservatori italiani e stranieri che si dedicano alla teoria e all’analisi della musica. All’interno della Società esistono diversi gruppi di lavoro. Quello di cui noi facciamo parte è un gruppo interdisciplinare con uno specifico orientamento didattico. Ogni anno viene organizzato un Convegno internazionale su tematiche analitico musicali e da qualche anno, all’interno del convegno, il nostro gruppo si fa promotore di un Forum di discussione dedicato ai Licei Musicali e alle Scuole Medie a Indirizzo Musicale, alla didattica che vi si pratica, nelle sue diverse sfaccettature. In questo contesto ci occupiamo quindi di molteplici aspetti legati al fare e insegnare musica, pur mantenendo un chiaro interesse per il taglio analitico.
MusicEdu Qual è il vostro ruolo oggi e come vi muovete in un contesto in cui l’approccio alla musica è molto diversificato?
Nunzia De Falco Una delle motivazioni che sostengono il Forum nasce dall’esigenza di creare continuità e collegamento all’interno della cosiddetta filiera musicale, dalla Scuola Secondaria all’Alta Formazione Artistica Musicale (i conservatori), comprendendo a breve anche il settore della Scuola Primaria da poco interessata dall’inserimento organico dell’insegnamento musicale. In questo contesto alcuni di noi si sono occupati di orientamento, per facilitare e rendere più agevole il passaggio dall’uno all’altro dei diversi gradi di formazione musicale, colmando un gap formativo che rischia di creare disorientamento, spreco di energie se non addirittura abbandono dei percorsi formativi.
MusicEdu Qual è lo scopo del Forum a cui avete accennato?
Enrico Cominassi Il Forum ha inteso porsi soprattutto come momento di condivisione di buone pratiche, sul piano dell’orientamento ma anche su quelli non meno urgenti dell’adeguamento delle didattiche e della loro reale inclusività. Il nostro intento ora è quello di ampliarne le prospettive, di renderlo maggiormente interdisciplinare e vicino alle condizioni e ai problemi della quotidianità didattica. Il profilo analitico che ci contraddistingue può essere utilmente declinato, per esempio, in relazione alla performance musicale.
Matteo Catalano Prima della mia attuale esperienza di docente all’interno del conservatorio ho lavorato diversi anni come docente di strumento nel liceo musicale e mi sono occupato di orientamento in entrata e in uscita. Orientare significa porsi realisticamente di fronte alle aspettative che gli studenti hanno o che il loro percorso formativo ha indotto rispetto alla loro attività musicale. In questo senso non è difficile constatare come la pratica esecutiva, il suonare bene, sia al centro delle aspettative di studenti e docenti in modo sostanzialmente esclusivo, mentre gli aspetti della consapevolezza, della comprensione e della declinazione diversificata delle abilità musicali stentino a trovare attenzione. Già dalla prova attitudinale di ingresso, l’obiettivo e il criterio di valutazione comprendono il suonare e nient’altro. Noi vorremmo tentare invece di far passare l’idea che l’attività musicale racchiude un mondo variegato su cui gli studenti possono lavorare, che può diventare il fulcro del loro studio e che può costituire il proseguimento del loro percorso anche sul piano professionale.

MusicEdu In che modo tutto ciò può coinvolgere i docenti e l’impostazione della loro didattica?
Gianluca Dai Prà Il pensiero unico circa la centralità esclusiva dell’esecuzione strumentale nasce sicuramente anche dal nostro modo di insegnare. L’offerta formativa prevede una rigida suddivisione tra le materie, che stentano a dialogare tra loro. L’aspetto analitico, che a noi preme molto, può per esempio essere declinato sul versante interpretativo, creando un ponte con le discipline strumentali, procedendo nella direzione di un ampliamento delle prospettive, di una fuoriuscita dalla meccanicità dell’esecuzione per puntare all’acquisizione della familiarità con il linguaggio espresso nell’opera musicale. Questa direzione di lavoro rende possibili diverse forme di espressione musicale, tra le quali trova posto, per esempio, l’improvvisazione. Quest’ultima può certamente avere un aspetto spettacolare e performativo ma è allo stesso tempo uno strumento formidabile in tutte quelle situazioni che prevedono un approccio alla musica meno formalizzato. La cosiddetta “musica di comunità”, che ha mosso da qualche tempo i suoi primi passi anche in Italia, è un caso di assoluto rilievo. L’abilità musicale va declinata oltre l’aspetto puramente performativo e concertistico, come nel caso per esempio della musicoterapia, dell’aiuto in condizioni di difficoltà. Tuttavia, accanto a tali situazioni, esiste una quotidianità sociale all’interno della quale la musica può ulteriormente giocare un ruolo prezioso come fattore di aggregazione, di animazione del tempo libero ecc. Sono campi di applicazione che aprono al mondo dell’amatorialità, considerati quindi non professionali ma che, con un apparente contraddizione, richiederebbero di sviluppare un approccio professionale all’amatorialità. Poter disporre di attori professionali in questo settore sarebbe di grande rilevanza sociale e insieme costituirebbe una prospettiva professionale concreta per le nuove generazioni di musicisti.
MusicEdu Le istituzioni sono preparate a questa svolta?
Enrico Cominassi Prendendo in considerazione l’offerta formativa dei licei musicali, gli Obiettivi Specifici di Apprendimento che vi si riferiscono, ma anche l’evoluzione della formazione AFAM, prospettive di questo tipo sono perfettamente possibili e per molti aspetti stimolate e richieste da quei contesti. Si tratta, come già detto, di far evolvere la mentalità docente e il nostro modo di insegnare. A questo proposito il Forum di cui parliamo può porsi come momento di consapevolezza e di sviluppo di prospettive non scontate e rivolte a una più solida delineazione dell’identità sia dei licei che del livello accademico.
Matteo Catalano Sul versante AFAM, uno scoglio da superare consiste nell’idea, che in realtà è un mito da sfatare, secondo la quale l’offerta formativa che nasce dalla riforma del 1999, con la creazione dell’AFAM, preveda lo sviluppo abnorme delle materie teoriche a discapito di quelle performative. “Gli studenti non hanno più tempo per suonare”, si sente ripetere spesso. Innanzitutto andrebbe commentata la dicotomia teoria/prassi che soggiace a questo genere di rimostranze. Suonare serve, mentre l’acquisizione di abilità più generali, volte alla familiarità con il linguaggio musicale è solo un lusso eventuale? Come si è detto, la pratica musicale e strumentale ha invece estremo bisogno di elasticità per poter essere spesa anche in situazioni meno formali, al di fuori della mera giustapposizione tradizionale pubblico-esecutore.
Enrico Cominassi La rimostranza sull’eccessiva presenza di materie non strettamente strumentali appare totalmente infondata se si paragona la situazione attuale con quella precedente, con il “Vecchio Ordinamento” degli studi conservatoriali, nel quale i corsi cosiddetti teorici o complementari coprivano l’intero anno di studi per più appuntamenti settimanali, con un monte ore complessivo che andava ben oltre quello attualmente previsto. Accanto alla presunta necessità di “suonare di più” andrebbe collocata la domanda circa il “perché suonare, con quale obiettivo”. Se i corsi accademici devono avere una natura professionalizzante, questa deve considerare prospettive professionalmente realistiche, superando la mera manifestazione di un disagio fatto probabilmente più di nostalgia che di consapevolezza della mutata condizione del musicista odierno.
MusicEdu Quale spazio trovano, nelle attuali istituzioni, l’interdisciplinarietà e l’attenzione alle difficoltà di apprendimento?
Gianluca Dai Prà La ripartizione abbastanza rigida tra le materie del liceo rende difficile l’approccio interdisciplinare. Nella mia esperienza di responsabile di uno “Sportello di Teoria” – un momento periodico dedicato al tutoraggio e al sostegno in queste materie – ho potuto spaziare maggiormente tra le discipline e sostenere lo sforzo degli studenti cercando di rendere più “potabili”, più facilmente assimilabili alcuni concetti. L’ampliamento e la diversificazione delle abilità musicali, di cui si è detto, vanno anche nella direzione il superamento di alcune difficoltà che sono tipiche, per esempio, di chi ha difficoltà di lettura. L’aspetto analitico, spesso ritenuto lontano dalla pratica strumentale, è quasi obbligatorio per chi vive problematiche come la dislessia e si rende conto di dover acquisire un’idea complessiva del brano per poterlo eseguire. In realtà l’approccio che superi la decifrazione “nota per nota” è indice di maturità musicale per chiunque svolga un’attività esecutiva: è un altro esempio del fatto che teoria e prassi non possono essere pensate come divise.
Enrico Cominassi Le difficoltà relative alle abilità di lettura presentano anche un altro aspetto. Da un lato i disturbi specifici dell’apprendimento costituiscono delle oggettive difficoltà per lo studente di musica; dall’altro lato queste difficoltà sono portate all’estremo dall’approccio che abbiamo più volte citato: se il fare musica è limitato all’esecuzione del repertorio la lettura musicale assume un ruolo centrale e totalizzante. Di conseguenza, la difficoltà di lettura è ingigantita al punto da venire scambiata per impossibilità di fare musica, se non addirittura letta come segnale di mancanza di talento. Anche in questo caso la soluzione di un problema non interessa solo il versante dello studente con DSA ma implica un ripensamento dell’approccio complessivo al fare musica.
MusicEdu Quali prospettive vedete per la formazione musicale in Italia e per la Società di Teoria e Analisi di cui fate parte?
Nunzia De Falco Una prospettiva di notevole rilievo, che non può non interessarci, è l’introduzione organica della musica nella Scuola Primaria. Quando questa prospettiva si realizzerà non potremo che salutarla con estremo favore. Si apre qui un ulteriore fronte relativo a grandi esigenze formative specifiche per chi opererà nel settore: un approccio inadeguato non farà purtroppo che creare effetti di inefficienza o addirittura di rifiuto. È importante, a questo livello della formazione, che la scuola garantisca per esempio l’esposizione a una varietà di generi musicali: limitarsi a ciò che il mercato musicale offre non garantisce assolutamente ciò. La scuola può e deve giocare un ruolo alternativo, essendo l’unico luogo in cui poter agire al di fuori delle dinamiche di un mercato che procede a senso unico. Ci auguriamo anche che all’interno del prossimo Convegno Internazionale di Teoria e Analisi, che coinvolge moltissimi studiosi che arrivano da tutto il mondo, si possa individuare un panel che attivi un confronto che si possa estendere anche oltre le prospettive strettamente analitiche per comprendere gli obiettivi di cui si è parlato, obiettivi non solo metodologici, ma anche etici.
