INTERNET, IA E STRUMENTI DIGITALI. VERSO UNA NUOVA ETICA DEI COMPORTAMENTI UMANI
di Piero Chianura
Il 24 marzo scorso il parlamento italiano ha approvato il disegno di legge sull’intelligenza artificiale (IA) che promuove “un utilizzo corretto, trasparente e responsabile, in una dimensione antropocentrica, dell’intelligenza artificiale, volto a coglierne le opportunità”, garantendone la vigilanza sui rischi economico-sociali e sull’impatto sui diritti fondamentali dell’IA. Il ddl n.1146 fa riferimento al cosiddetto “AI Act”, regolamento (UE) 2024/1689 e primo quadro giuridico globale in assoluto sull’IA a livello mondiale, che stabilisce norme armonizzate sull’intelligenza artificiale.
Al di là della loro capacità di normare efficacemente, queste iniziative evidenziano una diffusa inquietudine rispetto ai rischi che l’intelligenza artificiale possa evolversi in direzioni pericolose per l’umanità.

D’altra parte, è sotto gli occhi di tutti la crescita esponenziale di contenuti generati dalle IA in tutti i campi dell’attività umana. Dalla scrittura di articoli e saggi alla creazione di foto sorprendentemente realistiche, fino a registrazioni audio e video impressionanti, tutti falsi. Per non parlare delle applicazioni immorali dell’IA nei conflitti bellici e nella genetica.
Sono gli stessi sviluppatori dei sistemi di IA a confessare il loro disagio rispetto alle potenzialità di una rivoluzione che non ha eguali nella storia evolutiva delle macchine. I progressi nelle capacità dell’IA stanno procedendo a un ritmo molto più veloce della capacità di comprenderli in modo da prevedere cosa sta succedendo all’interno di quei sistemi e come si evolveranno.
Qualcuno potrebbe dire che se l’IA è davvero così potente e pericolosa come temiamo, allora pensare a regolamenti e limitazioni potrebbe non essere più sufficiente. Il processo appare inarrestabile. Si cerca almeno di “governarlo”, pur in un contesto globale compromesso dal punto di vista socio-politico, come quello attuale.
Se la consideriamo come l’ultima frontiera di una normale evoluzione tecnologica, possiamo definire l’IA come uno strumento intelligente sviluppato per aiutarci. Si tratta cioè di un nuovo strumento informatico da gestire secondo poche e precise regole “etiche”, come è già accaduto per esempio nel campo della genetica in passato. Ciò che non convince è però che l’infrastruttura su cui l’IA si appoggia, Internet, creata a suo tempo dall’esercito statunitense e promossa come una rete digitale complessa, democratica e globale, arricchita dall’esperienza collettiva dell’umanità, è divenuta oggi strumento di controllo e raccolta dati della popolazione mondiale in mano a poche aziende private, in grado di influenzare le nostre scelte politiche e commerciali. Internet è il mondo virtuale in cui vive la nostra stessa società disgregata ed è anche la base di questa nuova tecnologia emergente, l’intelligenza artificiale, che si sta già rivelando responsabile, come minimo, di una falsificazione delle informazioni su larga scala con il conseguente crollo delle nozioni condivise di “realtà”. peraltro in un contesto, quello virtuale, che per sua natura non prevede un’etica della verità.
L’assenza di “etica” è proprio ciò che caratterizza l’uso che oggi si fa dell’IA, innovazione tecnologica a cui stiamo delegando non solo calcoli, ma scelte e decisioni umane, finalizzate a rendere la macchina superiore a noi. In questo senso, la rivoluzione digitale dell’IA coincide con la crisi spirituale di un’umanità che ha perso le sue strutture valoriali.
Prima delle norme e dei regolamenti, prima del controllo delle macchine e delle tecnologie, è la consapevolezza dei propri comportamenti individuali che andrebbe recuperata. Possiamo anche riflettere sulle sfide e sulle opportunità che l’IA ci offre, partendo dall’impatto che questa tecnologia ha sulla sfera pubblica e sul benessere collettivo e individuale.
Consapevoli di quanto la rete (ancor prima dell’IA) ha influenzato la nostra vita nel bene e nel male, potremmo tornare a decidere nuovamente del nostro futuro, magari rinunciando alla stessa IA per scoprire che una tale rinuncia potrebbe persino arricchirci come esseri umani.
Potremmo tracciare con cura dei confini, una linea oltre cui non andare. Per esempio, limitare il tempo trascorso davanti ai display di smartphone, tablet e pc o qualche regola sulle tecnologie da usare, dopo averle passate attraverso un serio e informato giudizio critico che potrebbe farci recuperare il piacere di svolgere le nostre attività in forme non digitali, rafforzandoci nelle scelte.
Ed essere pronti poi a parlarne, ma con coerenza, anche ai ragazzi nelle scuole.