FEDERICO PACI. RIFLESSIONI SUL CURRICOLO VERTICALE PRE-AFAM
di Piero Chianura
Direttore fino al 2021 e poi vice-direttore titolare della cattedra di clarinetto al Conservatorio “Gaetano Braga” di Teramo, Federico Paci coordina la collana Io Suono per Dantone Edizioni e Musica rivolta principalmente agli studenti delle scuole medie a indirizzo musicale (ma anche ai principianti di ogni età). La cura di questa collana di libri didattici è anche il frutto dell’attenzione che Paci dedica da tempo al collegamento tra i percorsi formativi delle scuole secondarie di primo e secondo grado e i conservatori. È questo l’argomento centrale della nostra intervista.
MusicEdu Puoi dirci anzitutto due parole sul Conservatorio “Gaetano Braga” di Teramo, giusto per inquadrarne il prestigio?
Federico Paci Pochi sanno che il nostro conservatorio è la più antica istituzione abruzzese perché è nato nel 1895 [come Società la Cetra, che aprì a Teramo una scuola gratuita di strumenti ad arco, NdR]. Nel 1939 quello di Teramo era uno dei 15 conservatori italiani (quello di Pescara e dell’Aquila sono nati alla fine degli anni Sessanta). Però è uno dei più giovani conservatori d’Italia perché la città di Teramo lo ha tenuto come istituto pareggiato facendolo statizzare solo nel febbraio del 2015. In questi pochi anni abbiamo seminato e aperto una serie di progetti sia didattici che di collaborazione con il territorio, comprese alcune scuole private con cui abbiamo stipulato convenzioni, così da dare valore al conservatorio e individuarlo come un elemento importante all’interno della vita cittadina.
MusicEdu Avendo diretto per anni il Conservatorio di Teramo, che idea ti sei fatto dell’attuale sistema di collegamento tra il mondo della scuola media a indirizzo musicale, i licei musicali e i conservatori?
Federico Paci Comincerei dicendo che la riforma AFAM non ha risolto il problema di questo collegamento perché il primo errore è stato quello di partire dalla testa per arrivare poi dalla base. Infatti, mentre le Università beneficiano di un sistema scolastico più che consolidato in cui l’alta formazione è la punta di una piramide costruita in maniera logica, nella musica si è fatto il contrario. Quello che dispiace è che abbiamo mandato all’aria un “sistema conservatorio” che era unico, pur con qualche lacuna perché, tranne solfeggio, armonia e storia della musica, non prevedeva altre materie. Ma di fatto abbiamo chiuso 350 anni di storia per aprirci a un sistema nuovo che ancora non funziona. È tale lo scollamento, che le scuole medie a indirizzo musicale, partite come sperimentazione a metà degli anni Settanta, non sono neppure state considerate nel nuovo sistema come base di partenza a cui far poi seguire i percorsi formativi superiori. La riforma è andata nella direzione contraria, partendo dai bienni, poi aprendo ai trienni resi ordinamentali mentre i bienni sono rimasti sperimentali fino a pochi anni fa e infine i licei, aperti un po’ a macchia di leopardo, in cui ogni realtà vive in un mondo a sé senza guardare verso l’alto della filiera. A chiudere il quadro ci sono da una parte l’avvio recente della musica negli ultimi tre anni delle elementari e dall’altra gli istituti comprensivi che per loro natura riescono fortunatamente a creare un dialogo tra la primaria e la media a indirizzo musicale. È con il liceo che avviene di fatto il primo scollamento, non a causa dei rapporti tra le scuole, ma dei programmi di studio. Al conservatorio di Teramo abbiamo avviato già da anni un network di relazioni in un piccolo sistema che è però il frutto della nostra libera iniziativa; non c’è un progetto centrale a cui fare riferimento.
MusicEdu E quali problemi ha determinato sull’alta formazione questo scollamento del curricolo musicale verticale?
Federico Paci Dal punto di vista pratico-strumentale, prima il conservatorio era molto sbilanciato sulle capacità strumentali per cui non ci si preoccupava molto della didattica perché l’obiettivo era formare orchestrali. Ora invece è tutto sbilanciato dall’altra parte perché il percorso strumentale è incastonato in un programma di studio che prevede non meno di 10/12 corsi di frequenza sui trienni e una buona metà per i bienni. In questo modo si è ridotto al lumicino il tempo per lo studio pratico penalizzando la parte formativa strumentale, con il risultato che i nostri ragazzi sono meno competitivi all’interno delle orchestre. Inoltre, dovendoci anche adeguare a un sistema europeo basato sui crediti, abbiamo dimenticato che l’obiettivo primario del conservatorio è formare strumentisti laddove troviamo capacità tecniche e artistiche e formare bravi docenti laddove troviamo capacità pedagogiche necessarie per tramandare la nostra cultura alle successive generazioni.
MusicEdu Però è positivo, anche se faticoso, che una struttura di livello superiore come il conservatorio si prenda carico di creare i collegamenti con i livelli scolastici inferiori all’interno della propria realtà territoriale. Stiamo parlando di territori da cui, a partire dalla scuola primaria, arrivano indicatori interessanti sul contesto sociale e culturale di riferimento. Anche il conservatorio, indipendentemente dalla sua storia, è giusto che prenda in considerazione questo contesto. Se arrivasse dal sistema centralizzato un programma che obbligasse un percorso di studio verticale che non considerasse le peculiarità del territorio, forse sarebbe una forzatura culturale.
Federico Paci I Conservatori nascono di fatto con una predisposizione al sociale perché qualche centinaio di anni fa ospitavano i ragazzi che provenivano dagli orfanatrofi per avviarli all’arte o all’artigianato e la pratica sullo strumento era preponderante. Il problema è capire dove si deve collocare il conservatorio oggi, perché da una parte dovrebbe essere capace di dialogare con il territorio per far sì che ci sia una consequenzialità logica nei vari percorsi di studio dei nostri studenti e dall’altra dovrebbe riprendere quella funzione di attenzione al territorio che consiglia di aprire nuove aree funzionali, in termini di risposta al disagio sociale, sia dal punto di vista ricreativo sia di recupero e inclusione. In questo caso non si tratta di andare a fare formazione all’interno di strutture esterne, ma attività musicale attraverso la quale portare un beneficio alle situazioni di disagio. Sto pensando, per esempio, al caso di una ragazza autolesionista che abbiamo accolto di recente da una casa famiglia e che è cambiata completamente grazie all’inserimento in conservatorio attraverso una borsa di studio… è una goccia in un oceano che è comunque un risultato importante. Di una cosa però sono convintissimo e cioè che per innovare bisogna guardare alla tradizione da cui si parte. Io dubito sempre di chi considera sbagliato quello che si è fatto prima, perché quello che c’era prima fa parte di una storia a partire dalla quale abbiamo sviluppato la capacità di individuare le pecche e le mancanze di quella storia. Perciò dobbiamo fare un passo avanti senza dimenticare quello che il passato ci ha tramandato. Dico questo perché questo errore è stato fatto, per esempio dal punto di vista artistico, dal famoso congresso di Darmstadt nel 1950, in cui compositori moderni decisero di prendere una matita rossa per segnare una linea di demarcazione con il passato, in cui tutto quello che c’era prima non andava più preso in considerazione. Il risultato è stato che di questi ultimi 50 anni non ricordiamo quasi più nulla. Abbiamo avuto autori come Luigi Nono, Franco Donatoni, Luciano Berio e tanti altri, di cui oggi non vengono eseguiti così tanto i repertori rispetto a quanto invece si continuano a eseguire quelli storici precedenti. E lo dico da musicista che ha eseguito molta musica contemporanea…
MusicEdu Si potrebbe dire, invece, che l’eredità di questi compositori sia stata raccolta dalla musica popular, da artisti come Frank Zappa o Philip Glass, per citare solo due esempi estremi.
Federico Paci Sì, però senza rinunciare alla loro tradizione, ma rendendola più contemporanea. Penso ai più popolari Pink Floyd, per esempio. E questo è quello che dovremmo fare noi del mondo classico. Scendere dal piedistallo dei “compositori di serie A” per collegarci con la contemporaneità.
MusicEdu Puoi raccontarci esperienze significative destinate agli studenti, anche derivanti da tuoi lavori specifici e pubblicazioni in cui avete adottato nuove modalità di intervento e metodologie attive mirate al rinnovamento dell’insegnamento, pur preservando la qualità della formazione strumentale?
Federico Paci In pratica, sono ripartito dal metodo popolare perché usa un linguaggio semplice e permette allo studente, soprattutto nella fase iniziale dello studio, di entrare nel modo più naturale possibile nel mondo della musica. Ciò che ho fatto è stato usare la tecnologia e i linguaggi di oggi, immagini comprese, in modo che, finita la lezione, lo studente percepisca che il maestro è ancora con lui a casa.
MusicEdu Stai parlando del metodo adottato nelle pubblicazioni della collana “Io Suono” che curi per Dantone Edizioni e Musica, rivolte agli studenti delle scuole medie a indirizzo musicale?
Federico Paci Sì esatto, ma i testi sono rivolti anche a chi comincia a suonare in una banda o a chi decide di iniziare a suonare a un’eta avanzata e non ha a disposizione un insegnante [attualmente sono usciti “Io Suono il Clarinetto” e “Io Suono il Flauto”, mentre usciranno a breve i “Volumi 2” dei medesimi e il primo volume “Io Suono il Violino”, NdR]. Di fatto il metodo è costruito in unità, in cui l’aspetto teorico viene presentato e spiegato all’interno di un’attività pratica. Terminato lo studio dei due volumi, gli studenti sono in grado di affrontare un discorso un po’ più serio, riuscendo a individuare gli aspetti tecnici in modo più corretto, ma l’obiettivo del metodo è ricominciare a diffondere la musica in modo da creare una base la più ampia possibile. È da quella base poi che potrà arrivare in conservatorio una percentuale altrettanto significativa di ragazzi che vogliono andare in profondità con la musica, proprio come accade nello sport. Quando ero direttore ho fatto svolgere una piccola indagine a livello regionale su che tipo di musica si insegna nelle scuole medie non solo a indirizzo musicale e nei licei. Il risultato è stato che circa l’80% del repertorio che si usa per far studiare i ragazzi proviene dalla musica leggera. Il problema è dunque che li stiamo disabituando ad ascoltare il suono classico, cioè un suono la cui qualità va costruita con impegno giorno per giorno. È così che la musica classica, ma anche la musica leggera più raffinata, sta sempre più ai margini di quelli che sono i gusti dei ragazzi. Bisogna riconquistare la sensibilità al bello, che non riguarda solo la musica, ma anche altre cose della vita dei ragazzi.
MusicEdu Uno dei motivi che hanno portato alla semplificazione della musica di oggi è stata la cosiddetta “democratizzazione” della creazione musicale. Questa accessibilità diffusa alla produzione musicale ha determinato un inevitabile abbassamento della qualità media, anche perché nell’industria musicale di oggi gli aspetti quantitativi prevalgono su quelli qualitativi. Quando le persone a cui hai dato gli strumenti per produrre facilmente la propria musica entrano nel business, si innesta il processo di appiattimento verso il basso. Per questo occorre ripartire dalla riqualificazione del valore di base della musica come arte che eleva gli individui, non come merce da vendere all’interno delle logiche del mercato che promettono successo e denaro come unici valori di riferimento.
Federico Paci Sono molto d’accordo. E se la vediamo nell’ottica dei conservatori e di quello che promettono ai loro studenti in termini di alta formazione, allora, il problema è su un piano politico perché, va bene la capitalizzazione dei conservatori come avviene nelle università, ma poi bisogna fare sintesi per creare un numero limitato di “Università della Musica” a cui affidare la formazione del livello più alto. Nella riforma non c’è stato il coraggio di creare questa differenza e oggi ci ritroviamo un’ottantina di conservatori, cosa che non troviamo in nessun’altra parte del mondo. È vero che veniamo da una grande tradizione musicale, ma sono davvero tanti. I livelli di specializzazione avrebbero potuto essere sei/sette al massimo su tutto il territorio nazionale. Peraltro, secondo me i conservatori e le università hanno DNA completamente diversi che rende difficile assimilarli.