IL JAZZ VA A SCUOLA…
(ANCHE) DA CASA

di Eloisa Manera

Il 30 aprile di quest’anno si è realizzata una vera e propria magica “follìa”, come la definisce Angelo Bardini, uno dei padri fondatori del Piano Nazionale Scuola Digitale.
Angelo Bardini, insieme a Claudio Angeleri, ad Ada Montellanico e a Cristina Cervesato ha dato il via alla versione pandemica dell’“International jazz day” con “Il jazz va a scuola… da casa”.

Si è trattato di un intenso programma di lezioni concerto online tenute da musicisti in classi virtuali. L’iniziativa ha avuto un successo oltre ogni aspettativa: 240 concerti in contemporanea con più di 150 musicisti jazz (dalle star ai giovani emergenti), che si sono prestati ad incontrare virtualmente gli allievi, ovvero circa 8.000 studenti dal Trentino, lungo l’Appennino fino alle piccole isole siciliane.

DIFFONDERE LA CULTURA JAZZISTICA
Nel febbraio 2019 è nata l’associazione “Il jazz va a scuola” in seno ad altre associazioni che hanno a cuore la musica jazz. Tra queste spicca la Federazione Nazionale “Il Jazz Italiano” presieduta da Paolo Fresu e nata nel febbraio 2018 come unione di quattro realtà già esistenti: I-Jazz (in rappresentanza dei festival che punteggiano lo stivale), MIDJ (che rappresenta i musicisti), Adeidj (etichette indipendenti) e Italia Jazz Club (associazione dei club). Una data importante per il riconoscimento del jazz come patrimonio culturale del nostro Paese è Il 21 febbraio 2018, quando il MiBACT (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) e la neonata Federazione Nazionale “Il Jazz Italiano” (IJI) firmano un protocollo d’intesa in dodici punti per la promozione della cultura jazzistica in Italia. “Il jazz è ora pienamente riconosciuto tra i generi musicali promossi e sostenuti dallo Stato, un atto che corona un lungo percorso intrapreso in questi anni con le principali realtà del jazz italiano a partire dai bandi promossi con le prime risorse individuate all’interno del FUS per arrivare alle maratone per L’Aquila e Amatrice” dichiara in quel frangente il Ministro Dario Franceschini. È in quel momento che ha inizio il dialogo tra Governo e un ente rappresentativo di un numero significativo di operatori legati a questa fondamentale cultura musicale. Il fatto straordinario di questa storia dal forte impatto generativo, è che le persone legate a questo ambito di “nicchia” abbiano cominciato a fare rete e ad attivarsi in modo congruo e compatto, ottenendo risultati fino ad allora impensabili.

L’associazione “Il jazz va a scuola” (IJVAS) nasce dunque a distanza di un anno dalla firma di quel protocollo, ma non è legata a una specifica categoria del mondo jazzistico. È un’associazione trasversale dove musicisti, didatti e organizzatori si attivano in egual misura con l’obiettivo di promuovere la conoscenza di questa cultura musicale attraverso la didattica, cioè organizzando seminari soprattutto pratici, lezioni concerto e conferenze, non soltanto all’interno delle scuole. L’intento è quello di diffondere la conoscenza di un genere musicale che difficilmente riuscirebbe ad attirare l’interesse di chi si occupa di didattica musicale, ma è anche, e soprattutto, quello di trasmettere i principi che stanno alla base di questa musica e che sono considerati oggi fondamentali per lo sviluppo e la crescita di individui più aperti e di cittadini più consapevoli.

L’elemento improvvisativo, così importante nel jazz, ci insegna prima di tutto quanto sia necessario scoprire la nostra voce e saperla modulare per riuscire a esprimere ciò che dall’interno interagisce con l’esterno, capire le regole del gioco musicale (che sono anche rispetto e convivenza civile) e creare insieme qualcosa di nuovo a partire da elementi più o meno complessi.

L’associazione si interfaccia con tutte le scuole di vario ordine e grado: si possono infatti prendere in considerazione elementi molto semplici nel caso di bambini piccoli o proporre lavori più sofisticati e articolati quando si ha a che fare con studenti più grandi. Alla base di tutte queste attività c’è sempre il jazz, non solo come genere musicale, ma anche come movimento culturale che, nella sua giovane storia, è stato ed è tuttora capace di dare nuova voce alle fasce più deboli ed emarginate della società, diventando al contempo grido di protesta e arte raffinata.

Si tratta di un genere dai forti tratti inclusivi, dove al primo posto albergano l’ascolto e il dialogo. In tutta la musica sono fondamentali questi due aspetti, ma nel jazz la capacità di ascoltare è il prerequisito essenziale senza il quale l’interscambio non è possibile: solo ascoltando profondamente si può creare il cosiddetto “interplay”, che è una delle caratteristiche peculiari del jazz. La dialettica musicale avviene nel presente, solo ed esclusivamente in questo luogo temporale, per l’azione estemporanea e la reazione agli eventi sonori che mano a mano si creano, generando input-output e call and response continui. Il jazz è dunque uno strumento efficace e coinvolgente per esperire la musica, crearla, ascoltarla con grande attenzione, ma è anche sorpresa perché ciò che accade mano a mano è sempre nuovo… in sintesi, è un vero e proprio allenamento alla vita!

LEZIONI DI MUSICA JAZZ “A DISTANZA”
E dunque, il 30 aprile scorso si è realizzata una vera e propria magica “follia”, come la definisce Angelo Bardini, uno dei padri fondatori del Piano Nazionale Scuola Digitale. Bardini fa parte del direttivo del jazz club Piacenza ed è una delle figure di riferimento in IJVAS. Molti lo hanno definito a ragion veduta un innovatore, di sicuro è una persona preparatissima, sinceramente appassionata (sia di jazz che di educazione) e decisamente instancabile.

Disegno di Alessia Ongeri

Angelo Bardini, Claudio Angeleri, Ada Montellanico e Cristina Cervesato hanno dato il via alla versione “pandemica” dell’“International jazz day” (dal 2011 l’Unesco ha proposto il 30 aprile come data celebrativa) organizzando “Il jazz va a scuola… da casa”, realizzando numerose lezioni concerto online, invitando i musicisti nelle classi virtuali. L’iniziativa ha avuto un successo oltre ogni aspettativa: 240 concerti in contemporanea con più di 150 musicisti jazz italiani (dalle star ai giovani emergenti) e 2 dal Brasile, che si sono prestati ad incontrare virtualmente gli allievi, ovvero circa 8.000 studenti dal Trentino, lungo l’Appennino fino alle piccole isole siciliane.

Personalmente sono stata coinvolta in varie scuole, fra cui alcune medie dell’area milanese, il liceo musicale di Novara e un istituto comprensivo di Favignana. Quando la meravigliosa Ermelinda Guarino, referente del progetto, mi ha comunicato che durante il mio intervento si sarebbero collegati alcuni allievi dall’isola di Marettimo, che ho avuto la fortuna di visitare qualche anno fa, mi sono molto emozionata. Dell’isola più occidentale delle Egadi ricordo l’indescrivibile selvaggia e paradisiaca bellezza e l’estrema difficoltà nel raggiungerla… nel mio immaginario è una sorta di meravigliosa Itaca omerica. Sapendo che si tratta in prevalenza di un’area protetta a bassa densità di popolazione e perciò prevedibilmente non così ricca di studenti, è stato ancora più entusiasmante incontrarli virtualmente in uno periodo così ricco di emozioni forti e per sua natura denso di intrinseca sospensione esistenziale come quello del lockdown appena vissuto. Un incontro nell’etere in un momento di sospensione, una specie di bolla dentro l’altra o di doppio sogno in versione matrioska. Pur in assenza di corpi a condividere uno spazio concreto, è stato un incontro reale durante il quale sono state veicolate nozioni, note musicali e soprattutto un ricco flusso di emozioni positive in entrambe le direzioni.

Disegno di Valerio Schiavi

Questa giovanissima storia musicale italiana ci dà una speranza perché dimostra che con passione, generosità e volontà di dialogare all’interno di una rete condivisa, è possibile stimolare gli allievi in modo diverso al di là delle distanze e dei confini, anche grazie alla capacità improvvisativa che il jazz ci offre. L’esperienza di IJVAS insegna che si possono gettare semi e costruire ponti per raggiungere luoghi che si pensava irraggiungibili, e che insieme attraverso la musica ci si può sentire meno soli e più forti.

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(ANCHE) DA CASA

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