OPENPOLIS: ISTRUZIONE DEI GENITORI. QUALI PROSPETTIVE PER I FIGLI?

di Carmelo Farinella

Il titolo di studio dei genitori mantiene un’influenza sulle opportunità cui avranno accesso i minori, rendendo la povertà educativa di fatto ereditaria. Oltre un terzo dei figli di non diplomati attraversa una condizione di deprivazione, contro il 3% dei figli di laureati. Lo dice un’indagine della Fondazione Openpolis.

Tutti noi crediamo fermamente nel principio dell’uguaglianza di opportunità, che si esplica, tra l’altro, con l’accesso all’istruzione da parte di ogni individuo, mediante l’esercizio del diritto all’autodeterminazione nella prospettiva della migliore qualità di vita. 
I finanziamenti europei, destinati a contrastare la dispersione scolastica, prevedono una serie di azioni volte a personalizzare l’offerta formativa e a mettere in campo interventi orientanti in un’ottica di apprendimento permanente. Di fatto, gli sforzi e i buoni principi si scontrano con i dati sulla povertà educativa, ovvero (come la definisce Save The Children) con la situazione di privazione da parte dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni.

Come evidenziato nell’indagine di Openpolis, i ragazzi che vivono in uno stato di deprivazione materiale hanno meno possibilità di successo formativo dei loro coetanei con situazioni economiche favorevoli; è stata accertata, inoltre, una forte correlazione fra la condizione socio-economica del nucleo familiare e l’istruzione dei genitori. I ragazzi, che vivono in stato di deprivazione, sono per la maggior parte quelli i cui genitori non hanno un diploma. 

In tale prospettiva, sarebbe interessante poter acquisire dati precisi relativamente alla formazione musicale, con particolare attenzione alle dinamiche socio-culturali che intervengono nella scelta dello studio della musica. Di certo nella pratica musicale incidono pesantemente i costi delle lezioni, gli svantaggi territoriali e, di conseguenza, la spesa per gli alloggi. Ma prevale una tendenza a considerare la musica un diletto solo di chi è economicamente avvantaggiato? Esiste una certa ereditarietà musicale o la scelta deriva dall’inclinazione personale a prescindere dalla situazione familiare? E ancora, i genitori, che nutrono una forte passione per la musica e che non hanno potuto compiere in prima persona studi musicali spingono i propri figli ad accogliere questa opportunità?

In un’ottica qualitativa, i ragazzi iperstimolati hanno buone probabilità di raggiungere una robusta formazione musicale oppure raggiungono livelli più alti coloro che non vivono un sovraccarico di input?
Prima di porre queste domande, una considerazione di carattere generale è doverosa: a parte singole esperienze positive, possiamo affermare che l’offerta scolastica non sollecita in modo significativo lo studio della musica. Anche le risorse destinate a laboratori musicali, messi in campo con fondi nazionali ed europei, sono esigue rispetto a quelle dedicate a percorsi di recupero e potenziamento nelle cosiddette discipline di studio.

Info: Fondazione Openpolis

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