MUSICOTERAPIA. AMBITI APPLICATIVI E SUO APPORTO NEI CONTESTI EDUCATIVI. TALK A DIDACTA 2024

di Antonella Zenga

Dal 20 al 22 marzo scorsi MusicEdu ha allestito per la Fiera Didacta Italia di Firenze un ricco programma di incontri con il pubblico su vari temi attorno alla musica e al suono in ambito formativo, a cui hanno contribuito una cinquantina di autorevoli ospiti. Uno dei primi incontri verteva sugli ambiti applicativi della musicoterapia (MT) e prevedeva uno sguardo di approfondimento sul tipo di apporto che questa disciplina può fornire in contesto scolastico. 

L’incontro, da me moderato, ha fatto seguito a un altro interessante momento di confronto dedicato all’esperienza sonora e musicale finalizzata all’inclusione scolastica, che ha coinvolto docenti di musica di diverso ordine e grado moderati da Carmelo Farinella di MusicEdu. I due temi dibattuti si sono così incrociati evidenziando una volta di più come l’utilizzo del linguaggio sonoro musicale, ma forse non solo questo aspetto che accomuna l’esperienza della MT con quella della didattica, possa essere causa di equivoci sull’applicazione dell’una o dell’altra pratica. Perciò è stato illuminante, nonostante il poco tempo a disposizione, il contributo dato dai quattro ospiti invitati da MusicEdu sul palco di Progettare con il suono (questo il titolo del programma generale dei talk), poiché hanno saputo delineare le specificità della MT, evidenziando punti di contatto e differenze sostanziali con la didattica musicale. L’intento del dibattito è stato non tanto quello di stabilire i confini di ciascun intervento, ma al contrario, individuare le modalità giuste per una loro possibile integrazione come opportunità di collaborazione soprattutto nel contesto scolastico. 
Hanno partecipato all’incontro Ferdinando Suvini, musicoterapeuta (Mt), docente di MT in diversi corsi sia di Conservatorio che privati; Marzia Zingarelli, musicoterapeuta, referente e docente presso il  corso di MT del Conservatorio di Alessandria; Leonardo Menegola, ricercatore in Didattica e Pedagogia Speciale all’Università degli Studi di Milano Bicocca, anche lui Mt e Nicola Pangia, pedagogista, formatore nel campo della pedagogia musicale secondo la metodologia Orff, con cui realizza per il comune di Vicenza un progetto di educazione musicale destinato ai bambini da 0 a 6 anni. La discussione ha mosso i suoi primi passi partendo dalla formazione del Mt che in questi ultimi due anni ha attraversato una fase di trasformazione grazie al D.M. 2905 del dicembre 2021, che ha istituito la laurea di II livello in teoria e pratica della Musicoterapia all’interno dei Conservatori, affiancandosi, senza tuttavia sostituirli, a corsi di formazione privati, master e bienni di specializzazione interni a Conservatori e Università. Il quadro della formazione in MT in Italia è evidentemente articolato, per cui è stato utile poter avere un approfondimento da questo punto di vista, in particolare da parte dei docenti Suvini e Zingarelli. Si è partiti dalla situazione europea, che l’Italia ha come riferimento, in cui sono presenti corsi privati, corsi accademici con lauree brevi e specialistiche o anche dottorati di ricerca. I criteri variano a secondo delle zone: in Grecia, Spagna ed Europa dell’Est, prevale la presenza di scuole private; Francia e Germania, e ora anche l’Italia, prevedono la compresenza sia del privato che del pubblico con il coinvolgimento di Conservatori e Università; Gran Bretagna, Olanda, Belgio e Paesi Scandinavi, invece privilegiano la formazione pubblica di tipo accademico. 
È stato sottolineato come la MT faccia ormai parte di un quadro generale che riguarda lo studio della musica. Chi decide di entrare in questo percorso formativo ha di fronte a sé tre possibili vie da seguire. Un primo percorso è quello indirizzato alla pratica esecutiva o compositiva, di carattere performativo; c’è poi un secondo percorso, proprio della pedagogia musicale e della didattica, in cui lo studio della musica rappresenta una possibilità per intervenire sulla crescita, l’arricchimento e lo sviluppo umano, con bambini e ragazzi in età evolutiva e infine c’è una terza via formativa, che prepara all’utilizzo dei suoni e della musica come strumento di comunicazione e relazione nei trattamenti di cura, finalizzati al benessere psicofisico o come sostegno ad altre terapie con determinate  patologie. Questo è il caso della MT.

Fin da questa prima tripartizione, è possibile immaginare come le ultime due strade possano talvolta sviluppare percorsi paralleli. Ciò dipende anzitutto dal fatto che sia l’insegnante che il Mt fondano la propria professione su una relazione di cura ed entrambi mirano al benessere della persona e al raggiungimento di obiettivi che spesso possono essere coincidenti. Infatti, il rinforzo dell’autostima, la regolazione delle emozioni, il miglioramento della coordinazione motoria, il potenziamento cognitivo, l’apertura di canali comunicativi per favorire la socializzazione e altro ancora, possono riguardare sia l’operato di un insegnate di musica che quello di un Mt; inoltre, la musica, come evidenziato nel corso del dibattito, è inclusiva di per se stessa, capace di aggregare e di promuovere benessere a prescindere da chi la fa. 
Tuttavia, mentre la didattica è finalizzata alla conoscenza dei suoni e all’apprendimento dei codici e delle attività collegate al fare musica, la MT mira al benessere psicofisico della persona e si realizza attraverso un processo sistematico, condotto da un professionista specializzato che è in grado di cogliere ciò che attraverso i suoni qualsiasi essere umano può produrre. In questo modo il Mt utilizza un canale di comunicazione alternativo per costruire la relazione con la persona e a partire da questo definisce gli obiettivi del percorso. 
L’intervento di MT infatti, è sempre centrato sui bisogni della persona e il suono e la musica sono il mezzo, attraverso cui il Mt la incontra, nel qui e ora, dando vita a un processo che non ha una conclusione effettiva ma, anche a secondo della patologia, si evolve nel tempo senza rispondere a un programma definito precedentemente, come invece accade nell’ambito dell’educazione musicale. Ecco allora che emerge la peculiarità di una formazione multidisciplinare che necessariamente deve tener conto di differenti aree: l’area musicale che è la principale, a cui si aggiungono quella musicoterapica, quella medica, quella psicologica e pedagogica e infine il tirocinio di 250 ore, che consente di fare esperienza in contesti molto diversi, così come diverse possono essere le applicazioni della MT. 
La multidisciplinarietà della formazione dunque permette al Mt di agire in situazioni differenti, interfacciandosi con altre figure professionali, con cui deve saper dialogare con la necessaria competenza all’interno di un lavoro che sempre va pensato all’interno di un’equipe, dall’ospedale, al centro diurno, alla scuola. 

Al termine di questo panorama così articolato e ben descritto da Suvini e Zingarelli, Leonardo Menegola ha sottolineato come il DM del 2021, abbia tuttavia regolamentato l’alta formazione, ovvero le lauree magistrali, tralasciando la regolamentazione della formazione di base, come se si cominciasse a dare forma a un sistema a partire dal tetto anziché dalle sue fondamenta. Paradossalmente, secondo Menegola, questo modo di procedere apparentemente irragionevole, favorisce la presenza di molte proposte, che sotto varie forme, arricchiscono il panorama consentendo un’ampia possibilità di opzioni a cui ciascuno può attingere sulla base delle proprie necessità, che possono essere di aggiornamento, arricchimento personale, miglioramento del curriculum o la scelta per una professione futura. In sostanza l’offerta così variegata dà accesso a competenze diverse in funzione del proprio progetto personale. Tra le competenze però sicuramente va presa in considerazione l’intensa esperienza di tipo laboratoriale che, affiancandosi alla preparazione teorica e pratica (tirocinio), permette al Mt in formazione di “stare dentro” alle improvvisazioni che caratterizzano le interazioni musicoterapiche, di vivere su di sé l’esperienza dell’ascolto dell’altro, che non è mai disgiunto dall’ascolto di se stesso. In questa maniera si sostiene la conoscenza di sé, dei propri modi di improvvisare, dei tempi delle proprie risposte. In questo senso il Mt si esercita a fare esperienze molto specifiche, che per il didatta non sono necessarie. 
Attraverso questo tipo di attività a cui si aggiunge la pratica della supervisione, il Mt interiorizza competenze di ascolto profondo, impara ad attendere, a rispettare tempi lunghi di ascolto, di apprendimento o di progettazione, evidenziando così una sua specificità, decisamente preziosa, soprattutto nella scuola di oggi, che parla di inclusione e può aver bisogno di un professionista con queste caratteristiche, capace di dialogare e collaborare con le altre figure professionali. 
Da questo punto di vista la presenza di Nicola Pangia è stata di congiunzione. Pangia ha posto l’accento sulla necessità dell’autoconoscenza come punto di partenza per un qualsiasi percorso formativo, che deve essere scelto con consapevolezza, non solo rispetto ai propri desideri e capacità ipotetiche, ma soprattutto al sentirsi responsabilmente adeguati rispetto al cammino formativo e professionale che si è deciso di intraprendere.

L’ESPERIENZA SONORA E MUSICALE PER L’INCLUSIONE SCOLASTICA
I contenuti del panel sulla musicoterapia hanno consentito di far emergere ancora di più alcune peculiarità della didattica musicale, ovvero di quel processo educativo che si pone lo sviluppo di conoscenze, abilità, competenze in ottica formativa, trattate nel panel precedente “L’esperienza sonora e musicale per l’inclusione scolastica”, al quale hanno partecipato Maurizio Gavazzoni, formatore specialista in didattica musico-interdisciplinare ed esperto del metodo di Giordano Bianchi; Vita Parlapiano, docente di scuola primaria e dell’infanzia specializzata nella metodologia Yamaha; Maria Daniela Villa, docente di flauto specializzata nelle disabilità sensoriali; Fabrizio Morganti, musicista del team multidisciplinare MyDid/Didattiva; Alfredo Di Gino Puccetti, ideatore della pedana sensoriale ContattoDedo.

In particolare, Maria Daniela Villa ha posto l’accento sulla didattica musicale inclusiva, ovvero sull’insieme degli approcci formativi che si avvale del canale sonoro-musicale per promuovere l’inclusione scolastica e sociale di ciascun alunno. Maria Daniela ha discusso sulle potenzialità di un curricolo, accessibile agli alunni con bisogni educativi speciali, di divenire significativo per tutti gli studenti della classe, anche di coloro che non presentano difficoltà o disturbi. A questo scopo, Maria Daniela ritiene che sia opportuno che la progettazione musicale contemperi esperienze analogiche e nuove tecnologie.
Maurizio Gavazzoni ha sottolineato come l’educazione musicale possa sostenere lo sviluppo dei processi metafonologici del linguaggio e, in tale direzione, la verboritmia e la digitoritmia proposte da Giordano Bianchi, risultano strumenti altamente efficaci. 
Vita Parlapiano ha presentato un curricolo musicale basato sulla multisensorialità, ovvero sulla concomitanza di stimoli sensoriali differenti; ciò consente all’insegnante di incontrare gli stili cognitivi di tutti gli alunni e, quindi, di sostenere la competenza musicale partendo dall’esperienza. 
Fabrizio Morganti e Alfredo Di Gino Puccetti sono invece entrati nel merito della dotazione strumentale, costituita da oggetti sonori di natura acustica come i boomwhackers e tecnologie assistive come quelle interne alla pedana sensoriale ContattoDedo, soluzioni diverse, ma utili in relazione a specifiche situazioni.

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