OBIETTIVO: BANDA LARGA ULTRAVELOCE
PER TUTTE LE FAMIGLIE

di Francesco Sessa

L’emergenza Coronavirus ha chiuso gli italiani in casa ma ha aperto le porte alla didattica (e al lavoro) online. Una pratica per molti nuova, che si è resa necessaria in tempi rapidi, quasi improvvisando, per affrontare il lockdown senza perdere pezzi per strada. Ma già dopo poco tempo è emersa con forza la necessità di porre basi diverse per poter consentire una didattica a distanza efficace e senza intoppi dal punto di vista tecnico. 

monitors on binary code floor

Insomma, il tema è chiaro: per poter offrire a bambini e bambine, a ragazzi e a ragazze la possibilità di ricevere una formazione anche restando a casa, è necessaria una connessione affidabile e che non lasci indietro nessuno.

Viene definita “banda larga” la trasmissione e ricezione di dati a una velocità di connessione superiore a 144 kb/s. Si definisce ultraveloce quando la velocità di connessione effettiva in download è di almeno 30 Mb/s. Quando questa velocità raggiunge o supera il Gb/s si parla genericamente di reti ultraveloci, possibili sono usando la fibra ottica. Nel 2010 la Commissione Europea aveva stabilito come obiettivo per il 2020 quello di raggiungere con la banda larga ultraveloce il 50% delle famiglie in Ue. Una quota che, nell’ambito della strategia italiana per la banda ultralarga, nel 2015 il nostro Paese ha esteso all’85%. Ma qual è attualmente lo stato dell’arte? L’obiettivo è lontano: nel 2019 le famiglie italiane raggiunte dalla banda larga ultraveloce erano solamente il 36,8%. Attualmente solo la banda larga di base arriva a quasi tutte le famiglie italiane (95,1%). Ma non c’è solo l’obiettivo per il 2020 (ormai sfumato). Nel 2016, infatti, la Commissione ha stabilito che entro il 2025 il 100% delle famiglie dovrà essere raggiunto dalla banda larga ultraveloce. E viene inoltre previsto il raggiungimento di una velocità pari a un gigabit al secondo (1.000 Mbps) per scuole, biblioteche e uffici pubblici.

Il problema, durante il lockdown, è che il fisiologico uso sfrenato della rete ha rallentano le prestazioni in termini di velocità di connessione, come sottolineato anche da Agcom, che nell’ottobre 2019 aveva tracciato la mappa sulla diffusione della banda larga ultraveloce in Italia. Con una premessa doverosa: si parla di diffusione, non di effettivo utilizzo (in questo campo rientra la variabile dei costi, che per qualcuno possono risultare proibitivi). La mappa mostra che non esiste un divario tra nord, centro e sud: le regioni con una diffusione superiore rispetto alla media nazionale sono Sicilia (54,87%), Liguria (48,32%), Lazio (47,98%), Puglia (45,24%), Emilia-Romagna (39,32%) e Campania (38,65%). Il fanalino di coda è il Molise (11,72%), sotto il 20% anche Valle d’Aosta (16,45%) e Calabria (19,46%).  Infratel rileva, da quanto comunicatole dagli operatori, che è il 17,7 per cento dei numeri civici italiani a non avere nessuna tecnologia di banda ultralarga, al 2019, ovvero ben 3,6 milioni di cittadini.

Copertura Italia banda larga ultraveloce (Agcom 10/2019)

Un altro dato, abbastanza scontato, è che nelle città metropolitane le famiglie sono maggiormente raggiunte dalla banda larga ultraveloce. Il problema si ha nelle zone di provincia, anche adiacenti al polo cittadino. Rilevante è anche la qualità della copertura. Non tutte le tecnologie sono uguali. Le migliori vengono giudicate quelle “Vhcn” (Very High Capacity Network). Al 2019 il 16 per cento dei civici le aveva con uso della fibra ottica, 23 per cento se includiamo anche le tecnologie wireless fisse dotate di una certa qualità. È previsto che nel 2022 sarà Vhcn il 77 per cento dei civici, ma con una quota crescente di wireless (il 28 per cento). Non tutti gli esperti sono d’accordo che sia corretto, come fa Infratel, considerare Vhcn tutte le reti dove l’antenna è coperta da fibra ottica a prescindere dalla velocità effettiva, perché il fisso wireless non è giudicata affidabile come la fibra.

Insomma, il quadro è chiaro e complesso al tempo stesso, dunque molto preoccupante. La didattica online è un tema che va affrontato considerando tutte le sfaccettature. Ma prima di addentrarsi in qualunque ragionamento sulle nuove modalità di insegnamento, bisogna fornire a tutti la possibilità di non restare indietro. Ne va anche del futuro delle nuove generazioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *