FONEMI IN MUSICA. IL CANTO COME STRUMENTO PER LA PRATICA LOGOPEDICA

di Cristina Vignati

Può il canto facilitare l’apprendimento e la comprensione del linguaggio nei bambini con difficoltà? La dottoressa Maria Gemma Loi, direttrice del Centro Logopedico dell’Istituto dei Sordi di Torino, ci racconta come è nato il libro “Fonemi in Musica”, valido strumento per genitori, insegnanti e professionisti che lavorano con bambini con disturbi del linguaggio.

MusicEdu Ci racconti il tuo percorso professionale?
Gemma Loi Sono logopedista dal 1998, mi occupo quindi dell’individuazione, della valutazione e del trattamento dei disturbi della comunicazione e del linguaggio ma anche del suo apprendimento. Ho iniziato a lavorare con i bambini sordi quando frequentavo l’università, in seguito alla richiesta di una mia insegnante di supportare il suo lavoro in ambito domestico. Così mi sono avvicinata all’ambito riabilitativo e, dopo aver lavorato per un periodo come libera professionista con adulti con disturbi comunicativo-linguistici, ho deciso che preferivo rivolgermi all’età evolutiva. Sono stata chiamata dall’Istituto dei Sordi di Torino e lavoro lì dal 2000: all’inizio ero da sola ma adesso siamo in cinque logopedisti, mi dicono che sono la direttrice del dipartimento ma io non ci voglio ancora credere. Ho portato la logopedia all’interno dell’istituto proprio nel momento in cui si realizzava il cambiamento della visione pedagogica della persona sorda, non più da tenere all’interno di scuole speciali ma da inserire nella realtà delle scuole di tutti. Quando ho cominciato all’Istituto seguivo soprattutto bambini sordi però nel giro di pochissimi anni, seguendo questa scia di apertura al mondo, ci siamo aperti anche noi e quindi il centro logopedico ormai da tanti anni non è più solo dedicato alle persone sorde ma all’età evolutiva un po’ a tutto tondo; ci occupiamo insomma di bambini con diversi tipi di disturbi.

MusicEdu Come è entrata in gioco la musica?
Gemma Loi La musica è entrata innanzi tutto nel corso della mia formazione all’università, durante una lezione su Zora Drežančić, una musicista croata poi diventata psicologa e pedagogista che, tra gli anni ‘50 e ’60, ha sviluppato un metodo per la cosiddetta “demutizzazione” del bambino sordo. Il metodo propone dei giochi fonici e delle stimolazioni musicali, l’articolazione cantata delle vocali e progressivamente delle sillabe, con l’utilizzo di melodie popolari e della gestualità. Se avete in mente come parlano le persone sorde che sono state trattate col metodo oralista, tendono a contrarre moltissimo le vocali perché non hanno idea di quello che è il ritmo del parlato, mentre questi bambini imparavano non soltanto ad articolare, ma anche quella prosodia, quell’allungamento delle vocali, quel ritmo del parlato che permetteva loro di avere un linguaggio comprensibile. Ecco è stato talmente forte per me questo tipo di suggestione che poi mi sono formata e ho potuto proporre e propongo tuttora questo metodo, insieme alle mie colleghe, sia ai bambini sordi sia a bambini con altre difficoltà linguistiche; bambini che magari sono talmente frustrati dalla richiesta di ripetere che non accettano nessun tipo di materiale verbale ma che invece si mettono in gioco là dove c’è la musica. Allora aumenta la motivazione e quindi la loro voglia di partecipare a una seduta logopedica.

MusicEdu Da quali esigenze nasce l’idea di produrre un repertorio musicale per il tuo lavoro e in che modo la musica risponde a queste esigenze?
Gemma Loi Questo libro è nato un po’ dall’esigenza di semplificare il mio lavoro, perché, come ogni logopedista, ho un numero elevato di pazienti, uno ogni tre quarti d’ora, ognuno con il proprio percorso assolutamente individualizzato. Creare un prodotto è stato funzionale, ma mi ha permesso anche di fare delle proposte diverse, che è il lavoro della logopedista: fare delle proposte che in qualche modo portino il bambino a sviluppare il linguaggio a livello fonetico, fonologico, lessicale, morfosintattico ma anche a livello di ascolto, attenzione uditiva e comprensione. Le canzoni, una per fonema, stimolano anche i suoni più critici che di solito i bambini hanno più difficoltà ad articolare. Il repertorio è stato pensato tenendo in considerazione lo sviluppo tipico del linguaggio: i primi fonemi consonantici che vengono acquisiti dal bambino sono le consonanti occlusive come “m”, “p”, che a livello articolatorio comportano la chiusura del flusso d’aria in uscita e quindi un’esplosione del suono. Un bambino che ha delle difficoltà nell’articolazione di questi suoni probabilmente è un bimbo piccolo e quindi le proposte che vanno a stimolare quel fonema saranno delle storielle semplici, sia nel lessico sia a livello musicale, ad esempio con il ritornello molto ridondante e con la presenza di onomatopee. Invece quando andrò a stimolare fonemi più critici, per esempio “gl”, avrò a che fare con un bambino più grande che quindi avrà anche necessità di stimoli a livello lessicale e concettuale più alti: la “canzone dell’asino Raglio” sicuramente è più difficile e astratta. Il disturbo specifico del linguaggio, di solito, nel bambino più grande si manifesta non tanto nella difficoltà nell’articolazione e discriminazione di suoni simili, perché quella parte, magari con fatica, è stata superata, ma si manifesta negli aspetti morfosintattici. Ci sono bambini che per esempio non mettono l’articolo, o i pronomi, o non utilizzano le preposizioni. Il fatto che ci sia una strofa che quindi ha il suo tempo e il suo ritmo porta il bambino ad accorgersi se manca qualcosa, a differenza di quel che capita nel linguaggio del racconto. Anche se non ha capito o non sa che è un articolo o una preposizione è un qualcosa però che c’è. La presenza di questi funtori grammaticali, che quindi non hanno un valore concreto, è difficile da concettualizzare, il bambino inizia ad avvertirla nelle canzoni e poi arriva anche nel linguaggio parlato.

MusicEdu Il libro, oltre ai brani, propone del materiale didattico molto vario e adatto a diversi tipi di lavori.
Gemma Loi Il senso di questo libro è proprio questo, cioè poter usare quel materiale davvero in modi diversi. Quella stessa canzoncina proposta a quel bambino piccolo che non sa dire la “p” e ha bisogno di articolare quel fonema ripetutamente, per come è strutturato il libro posso proporla anche in una prima elementare, per esempio in ascolto, facendo un lavoro di attenzione uditiva e anche di comprensione. La musica in questo ci aiuta perché i bambini sono di solito molto disposti ad ascoltarla e riascoltarla. Per il cd, abbiamo fatto la scelta di far cantare queste canzoni a dei bambini che non sono cantanti, sono dei bambini qualsiasi, eravamo assolutamente consapevoli del fatto che ci sarebbero state delle imprecisioni, che sicuramente il genitore nota, ma per il bambino invece, secondo me, sentire un altro bambino che canta come lui rende ancora più efficace lo strumento. I processi di imitazione sono fondamentali per l’acquisizione di abilità linguistiche. La guida dell’adulto è importantissima, ma poi scatta qualcosa nel bambino che produce un autoapprendimento.

MusicEdu Con chi e in quali contesti hai messo in pratica queste attività? Ci racconti qualche esperienza?
Gemma Loi Di canzoncine ne ho scritte tantissime, non registrate, per i bimbi in base a ciò su cui devo lavorare, proprio perché sono convinta sempre di più che la musica, quando accompagna il linguaggio, potenzi in maniera incredibile le strategie interne del bambino. Quando il bambino ascolta la seconda volta la canzone magari non è consapevole ma ha già avuto un apprendimento implicito, tant’è che molte volte io interrompo la canzone e Il bambino è in grado di anticipare la parola. Questa cosa non capita di solito nel racconto. A scuola lavoro, insieme a una collega, con gruppi dove sono inseriti anche dei bambini con delle difficoltà; le attività e la scelta della canzone rispondono alle loro esigenze ma la stimolazione è per tutti, a differenza dell’ambito riabilitativo in cui l’intervento è individualizzato. Le attività a scuola sono molto belle, i bambini gioiscono della musica e noi ci divertiamo, sollecitiamo i bambini a un ascolto attivo anticipando loro che saranno degli investigatori e supportiamo le attività con le immagini, che nel libro sono piccole ma possono essere scaricate dal web e stampate in formati grandi. Dopo aver lavorato sulla memorizzazione, lavoriamo sul riconoscimento di alcuni frammenti di diverse canzoni che loro dovranno ricollegare attraverso le immagini alla storia giusta. Devo dire che dopo questo tipo di lavoro con le classi registriamo ottimi miglioramenti.

MusicEdu Nel lavoro con le famiglie dei tuoi pazienti, come hai proposto e guidato l’utilizzo delle canzoni a casa? Che risposte hai avuto?
Gemma Loi La grossa difficoltà nel nostro lavoro è raggiungere la casa di quel bambino, raggiungere il genitore, perché noi lavoriamo 45 minuti con il bambino ma abbiamo bisogno che la stimolazione venga poi data anche in ambiti diversi. Coi ritmi di oggi che sono accelerati e tutti gli impegni di genitori e bambini è molto difficile per un genitore trovare il tempo di proporre i giochini che noi facciamo in logopedia che, anche quando mascherati da attività piacevoli, sono comunque impegnativi. La canzone non prevede uno spazio dedicato, ma è uno spazio trasversale che veramente viaggia su tutto, e allora puoi riprodurre la canzoncina in macchina, la puoi cantare mentre prepari la tavola. In questo modo anche il bambino non ha sentito il peso dell’esercizio, ma non è mancata la stimolazione e noi ci avviciniamo all’obiettivo di migliorare l’abilità linguistica. I genitori di solito mi odiano! A loro proponiamo il libro consigliando di svolgere le attività ma dicendo che se non riescono a proporle possono ascoltare il cd, dando delle indicazioni su quali pezzi ascoltare. I bambini non smettono più di cantare! I genitori dopo un po’ non sopportano più le canzoni né me, ma questo è proprio il nostro scopo, che il bambino articoli quel suono in una situazione diversa, che esca senza sforzo, perché ricordiamoci che all’inizio quello che fanno nella nostra stanza avviene sotto un controllo attentivo molto alto e quindi con un impiego di risorse cognitive importante, ma noi dobbiamo fare in modo che diventi tutto spontaneo. Quando il bambino poi “rompe le scatole” ripetendo le canzoncine, è bellissimo perché vuol dire che il lavoro è diventato spontaneo.

MusicEdu Anche tuoi colleghi utilizzano il tuo strumento?
Gemma Loi Sì, almeno quelli che conosco, spesso sento le canzoni dalle stanze vicine. Poi casualmente per esempio ho scoperto che alcuni insegnanti che non conosco personalmente, nelle scuole dell’infanzia e primarie dove ci sono classi multiculturali le utilizzano proprio per fare una didattica più inclusiva utilizzando strumenti diversi, anche in ambiti che non sono strettamente riabilitativi. Penso di scrivere un altro libro con ulteriori canzoni per altri tipi di lavori.

MusicEdu Non vediamo l’ora di ascoltarle!
Il libro Fonemi in Musica è acquistabile sul sito di Voglino Editrice

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