CARLO BALZARETTI. ALTA FORMAZIONE AL PUCCINI DI GALLARATE

di Piero Chianura

Pianista e compositore con alle spalle una prestigiosa carriera da concertista internazionale, Carlo Balzaretti ha diretto i Conservatori di Brescia, Darfo Boario Terme e Como prima di approdare al neonato Conservatorio Giacomo Puccini di Gallarate. È qui che Balzaretti porta oggi la sua esperienza e il suo modo di intendere l’alta formazione musicale.

Scelto dal collegio docenti dell’ex ISSM di Gallarate, divenuto Conservatorio da pochi mesi, Balzaretti si è trovato subito di fronte al compito di stabilizzare il personale docente coprendo tutte le cattedre che un istituto di alta formazione deve avere, ma con la complicazione di un’emergenza sanitaria ancora in corso.

MusicEdu Le tue precedenti esperienze di direzione sono state connotate da grande apertura e curiosità nei confronti delle diverse forme del fare musica ad alto livello. Su quali punti fondamentali si baserà inizialmente il tuo nuovo impegno a Gallarate?

Carlo Balzaretti Intanto a Gallarate trovo un istituto che ha quasi 50 anni di storia di cui 36 da istituto pareggiato. Si tratta quindi di una piccola realtà di eccellenza, grazie anche alle graduatorie d’istituto e al buon lavoro di selezione dei docenti. Anche gli studenti sono stati particolarmente seguiti tanto che, se dovessimo fare una statistica del numero degli ex studenti che hanno poi svolto la professione, ne emergerebbe una percentuale molto alta. Quello che cercherò di fare è un lavoro in articolazione territoriale con altre istituzioni AFAM del territorio per poter completare l’offerta formativa. In questo periodo, saranno di grande aiuto le modalità telematiche attraverso le quali è possibile svolgere tranquillamente alcune materie, anche se non possono essere usate in alternativa a quelle che richiedono la lezione frontale. Un altro punto importante è studiare percorsi formativi specifici sulla base dei curricula dei docenti, che a Gallarate hanno veramente esperienze importanti, e che devono diventare stimolo a iscriversi a Gallarate perché qui si trova uno specifico indirizzo di studio. Ci sono poi contatti internazionali specifici, anche nell’ambito dell’Erasmus, che attiveremo anche con l’oriente. Infine auspico che nell’ambito della ricerca sarà possibile, grazie alla professionalità dei docenti, attivare dei percorsi formativi ancora diversi e particolari. 

MusicEdu È molto interessante la tua relazione con il mondo orientale. Come si rifletteranno le esperienze che hai vissuto in Paesi come Cina e Giappone nei progetti di formazione a Gallarate?

Carlo Balzaretti Sappiamo che c’è stata una lenta trasformazione che ha visto arrivare in Italia prima ottimi studenti dal Giappone, poi da Taiwan, con livelli altissimi soprattutto in pianoforte e canto. Dal 2008 è iniziata per tutti noi la grande avventura con il grande mondo cinese. Quando sono approdato molti anni fa al Conservatorio centrale di Pechino sono rimasto folgorato dai numeri, dalle potenzialità e dalla dialettica. Ho visto convivere pienamente diversi linguaggi della musica, da quella colta a quella tradizionale e popolare in un mondo aperto verso il futuro che si arricchisce continuamente. Sono stato in varie zone della Cina fino a Shenyang, dove recentemente sono stato nominato docente onorario. Ora, che cosa dobbiamo fare lì noi? Secondo me non dobbiamo solo andare a raccontare la nostra tradizione Europea, anche se spesso gli studenti Cinesi mirano soprattutto ad assorbire nozioni, mentre quello che io cerco di fare e spiegare loro il perché, farli andare a monte, per esempio, approfondendo l’aspetto organologico e la storia dell’interpretazione in modo che abbiano strumenti che li rendano consapevoli delle scelte che fanno. La loro evoluzione in questi ultimi anni è stata enorme non solo in termini di numeri, ma anche di qualità. Sono molto più preparati, parlano molto bene in inglese e suonano con una impostazione e suono molto migliorati. Per l’Italia rappresentano un bacino di utenza molto importante, anche perché, quando tornano in Cina, possono lavorare con la nostra musica. 

MusicEdu Partecipando da anni alla fiera Music China di Shanghai, ho notato proprio la capacità che hanno di integrare tutte le forme della musica. È come trovarsi in un laboratorio globale della musica… ciò che non troviamo più gli Stati Uniti.

Carlo Balzaretti La Cina si distingue per aree e quella di Shanghai è certamente la più evoluta. Quelle più interessanti in questo momento sono però le città di media e piccola dimensione, che stanno cominciando a fare dei passaggi molto importanti. Non dimenticherò mai una mia esperienza a Capodanno del 2015. Mi trovavo a Dali, una splendida città nello Yunnan che dà su un lago spettacolare e ricordo che dopo il terzo giorno di crisi di astinenza da pianoforte, chiesi di poter studiare all’università locale. Così mi portarono in un auditorium dove una insegnante di pianoforte stava accompagnando “O mio babbino caro” eseguendo solo un accordo di Lab e senza davanti uno spartito, ma una sorta di simbologia numerica. A quel punto mi misi ad accompagnare io la cantante a orecchio, in amicizia… Ebbene: a mezzogiorno ero a pranzo con il rettore e nel tardo pomeriggio suonavo al concerto di Capodanno, con una coda di studenti impressionante. Studenti che avevano semplicemente voglia di imparare.

MusicEdu Come è possibile trasferire nuovamente quell’entusiasmo alle nuove generazioni di studenti di musica Italiani?

Carlo Balzaretti Dovremmo cambiare il nostro approccio.  Dobbiamo partire dal fatto che la musica è un linguaggio che deve essere insegnato veramente in età precoce a 2, 3… 4 anni e con un approccio multi-linguistico perché non si può più studiare solo classica o pop. Mi meraviglio che all’interno dei Conservatori ci siano ancora aree di generi diversi. Per questo, secondo me i corsi accademici che iniziano a 19 anni sono una grande sconfitta. Tornando alla Cina, per esempio, stanno rafforzando moltissimo tutta l’area pre-college. Al Conservatorio centrale insegnano ai ragazzi di 8-10 anni di grande talento. Non sono certo che l’approccio sia sempre quello giusto nel momento in cui l’obiettivo è una performance di un brano di Liszt ai tempi di Lang Lang. Sono più interessato a insegnare come si ascolta, a suonare ad orecchio e a improvvisare elaborando un linguaggio. 

MusicEdu Questo approccio ha a che fare con il rapporto naturale che abbiamo con il suono fin dalla nascita. Per questo l’insegnamento della musica in età prescolare è fondamentali, ma è qui che si dibatte su quali metodologie applicare, da quelle più tecniche a quelle che lasciano libera la spontaneità nell’espressione musicale.

Carlo Balzaretti Dovremmo arrivare finalmente al giorno in cui, chiedendo a un allievo di pianoforte di suonare estemporaneamente qualcosa, non risponderà come fa oggi “mi spiace, non ho lo spartito…”. È solo un esempio, ma significativo. Se tre allievi si incontrano casualmente devono poter essere in grado di suonare qualcosa insieme, senza che ci si aspetti necessariamente l’eccellenza di un trio jazz. In fondo non dimentichiamoci che lo stesso famoso pianista tedesco Wilhelm Backhaus improvvisava armonicamente i collegamenti da un brano all’altro. Anche Vladimir Horowitz aveva una grande capacità  di improvvisare, cosa che rivitalizza la musica classica e non la chiude all’interno dei soliti schemi, come accade all’interno del nostro mondo accademico. Questo non si ottiene aprendo semplicemente un corso di pop, ma facendolo interagire anche con gli altri generi. 

MusicEdu La tua collaborazione con AIMA, Associazione Italiana Musicisti Amatori, è il frutto di questo tua sensibilità nei confronti della formazione musicale che non deve necessariamente aspirare all’eccellenza?

Carlo Balzaretti Viviamo una trasformazione generazionale dei musicisti. Se da una parte abbiamo meno applicazione e studio professionalizzante nei più giovani perché le prospettive di lavoro in ambito musicale sono sempre più problematiche, dall’altra parte abbiamo un aumento dei musicisti amatori, o comunque una realtà di amatori che finalmente emerge, grazie anche al lavoro meraviglioso di AIMA. Sono interessato al mondo amatoriale fin dai tempi dei vecchi CEP (Centri di Educazione Permanente, NdR), esperienze fondamentali in cui l’adulto tornava a suonare uno strumento spesso con risultati altissimi. A parte la funzione sociale, insegnare a questi allievi ci pone degli obiettivi completamente diversi. Lavorare con gli adulti è un’esperienza affascinante, a volte persino più stimolante che con i giovani.

MusicEdu È paradossale che proprio in un periodo in cui stavamo riscoprendo il valore della musica dal vivo, e del rapporto tra musicista e pubblico in un concerto reale, sia arrivata la pandemia a mortificare questa riscoperta. Proprio quando anche lo stesso mondo accademico della formazione musicale, aveva cominciato a dare maggiore spazio alle esibizioni degli studenti…

Carlo Balzaretti Premetto che l’unica vera grande novità della riforma 508/99 è stata prevedere finalmente all’interno dei Conservatori la produzione, insieme alla didattica e alla ricerca. Questa è stata la cosa in cui io ho creduto di più quando sono diventato direttore del Conservatorio di Brescia e di Darfo Boario Terme. È lì che mi sono reso conto che la produzione poteva diventare il canale in grado di introdurre il giovane professionista al lavoro, svolgendo attività di livello professionalizzante musicale attraverso la produzione del Conservatorio. Anche come Conservatorio di Como abbiamo avviato rapporti sul territorio molto importanti che hanno coinvolto l’intera provincia, fino al Canton Ticino, Monza, Milano e Lodi, con la produzione come valore determinante, arrivando a 120 concerti organizzati in un anno. Nel momento in cui il 24 febbraio scorso tutto si è fermato di colpo, ci siamo trovati di fronte a un baratro, perchè ci siamo resi conto che la musica non esiste come espressione estemporanea nel momento in cui non abbiamo a che fare con un musicista che suona con uno strumento vibrante all’interno di una sala. All’inizio ho passato i cinque peggiori giorni della mia vita perché non ho potuto toccare il pianoforte. Ero attaccato al computer per tarare tutte le piattaforme  tecnologiche a seconda della tipologia di lezione, da StarLeaf per la lezione di strumento a Skype e Zoom. Ho subito preso due telecamere collegate a un computer Mac con scheda audio e microfoni a condensatore, più un iPad Pro su cui scrivevo con una Apple Pencil con condivisione dello schermo. Abbiamo dovuto sistemare l’amministrazione, la didattica e tutta l’attività dei docenti, i quali mi hanno dovuto sopportare per giorni fino a che non siamo riusciti a mettere in piedi tutte le lezioni e tutti gli esami anche in modalità telematica. Ringrazio il Ministero che ci ha dato tanti soldi per la tecnologia, ma la cosa che occorreva veramente fare era potenziare la banda larga. Non tutti hanno avuto la fortuna di potersi collegare con la fibra ottica a 1 GB, come ho potuto fare io… Mi auguro che questa esperienza porti anche il pubblico a capire che per poter vivere la musica dovrà tornare nella sala da concerto e non accontentarsi di ascoltarla online. 

MusicEdu Come hanno risposto invece gli studenti all’esperienza della didattica a distanza?

Carlo Balzaretti In un open day di dodici ore con docenti e studenti del conservatorio di Como, compresi quelli esterni collegati anche da altri Paesi del mondo, gli studenti Cinesi hanno dichiarato di preferire seguire Storia della Musica in modalità telematica perché possono aiutarsi molto di più attraverso la chat e capire meglio quello che dice l’insegnante. Quindi qualcosa abbiamo imparato anche noi. Sto anche tenendo quotidianamente riunioni online e credo che tutto questo ci permetterà di contenere la spesa permettendoci anche di dedicarci di più ai nostri cari. Ma è certo che la musica deve essere suonata dal vivo dove è fondamentale la comunicazione a doppio senso. Con l’amico pianista Enrico Intra ho il piacere di condividere da quasi vent’anni dei concerti in cui sperimentiamo l’integrazione tra classica e jazz. È qui che abbiamo compreso che la nostra relazione è un insieme di scambi tra noi due, tra noi e il pubblico e tra il pubblico e noi, in uno scambio di energie, di sinergie e messaggi subliminali che sono fondamentali per fare in modo che la nostra musica non resti sterile. 

Carlo Balzaretti con Enrico Intra

MusicEdu Questa attenzione alla relazione complessa tra musicista e pubblico è alla base di una nuova sensibilità che coinvolge anche l’ambito della formazione.

Carlo Balzaretti Il mio amico pianista francese Cyprien Katsaris ritiene che la musica classica abbia oggi una funzione terapeutica. Io penso che il presente e il futuro dei nostri concerti passi dal deposito del telefono cellulare all’ingresso, dal sedersi su una poltrona comoda in un ambiente acusticamente corretto e dal riuscire a ritrovare un rapporto con la nostra emozionalità interiore. Perché un martello pneumatico non ci dà fastidio mentre il suono di un pianoforte acustico sì? Forse perché ci fa paura in quanto ci costringe a relazionarci con la nostra interiorità. Ed è proprio la musica a permetterci di ritornare ad avere un rapporto con il nostro tempo. 

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